Un blogger iraniano, Omid Habibinia, ha scritto che sarebbero almeno 100 le vittime della repressione del regime dopo le elezioni presidenziali contestate dagli avversari di Mahmoud Ahmadinejad. Habibinia, giornalista di 42 anni, è in esilio in Svizzera dal 1988 dopo essere stato arrestato per la sua attività politica.
Secondo il giornalista, solo il 20 giugno, giorno della massima tensione contro il regime, le vittime della repressione sarebbero state almeno 30, compresa Neda Agha Solthan. Nel racconto di Habibinia, in costante contatto con fonti iraniane non mancano particolari inquietanti: «Pochi corpi sono stati restituiti alle famiglie ma con la garanzia che non vi fosse il funerale e che non si parlasse di ciò che era accaduto». Per mettere a tacere le situazioni più inspiegabili poi «gli ospedali sono stati anche obbligati a fornire certificati di morte con diagnosi di infarti o incidenti automobilistici», nonostante le proteste di medici e infermieri.
Non solo: gli arresti sarebbero circa 2700 contro i 1032 dichiarati dalla polizia iraniana. E gli arrestati sarebbero soprattutto studenti, docenti, intellettuali, blogger e sindacalisti. Le condizioni di detenzione, poi, fanno accapponare la pelle: «Le prigioni sono piene e in otto metri quadrati di cella sono stipate più di 15 persone». E dall’Iran si fanno sempre più frequenti le voci che parlano di torture nelle celle.
Quello che Habibinia vuole sottolineare è il modo parziale con cui i media occidentali si stanno occupando della situazione in Iran: «Credo che i principali mezzi di informazione si stiano focalizzando su una guerra politica tra due partiti della Repubblica islamica e vorrei chiarire che non è cosi». A scendere in piazza non sono solo i sostenitori di Mir Hossein Moussavi, ma soprattutto studenti e intellettuali senza una precisa connotazione politica.
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