La bandiera bianca di Papa Francesco. Papa Francesco ha invitato Zelensky a trattare con Putin e ad “alzare bandiera bianca”. Questa richiesta è in linea con il Vangelo (Luca, 14.25-33): “Quale re, partendo in guerra contro un altro re, non si siede a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda un’ambasceria per la pace”.
Il Papa è convinto che il dialogo per impedire o concludere una guerra sia sempre possibile. Aveva idee diverse Giovanni Paolo Secondo, il quale così ironizzava: ”Ci sono due possibili soluzioni alla crisi dell’Europa orientale: una realistica e l’altra miracolosa. La soluzione realistica è che la Madonna di Czestochowa appaia con tutti gli angeli e i santi e risolva ogni problema. La soluzione miracolosa è che tutte le nazionalità inizino a cooperare tra loro”.
Il problema della pace è vecchio quanto il mondo. E’ certo che gli ebrei ai tempi di Tito avrebbero evitato il proprio sterminio se si fossero arresi all’esercito romano. Tuttavia, gli ebrei non pensavano di poter trattare con l’invasore e ricordano tuttora la distruzione di Gerusalemme nell’annuale ricorrenza ebraica della Tisha BeAv. La ragione per cui un popolo che ha contribuito, più di altri, alla storia della libertà e del progresso, sia stato perseguitato ininterrottamente, da Tito a Hitler, non è ancora stata svelata.
Possiamo invece capire cosa sarebbe stato il destino del mondo, se in Inghilterra fosse prevalsa la linea di Chamberlain che stava trattando con i nazisti, rispetto a quella di Churchill che garantiva al popolo “lacrime e sangue”.
La Chiesa è sempre stata contraria ai movimenti di liberazione e considerava Garibaldi un avventuriero. Il mondo attuale è il risultato delle lotte di popoli contro le tirannie. Alla base dell’idea stessa di democrazia si colloca il principio che nessuna nazione può imporre la legge della forza; un principio che non ha mai trovato pratica attuazione perché non esiste autorità sovranazionale in grado di imporlo.
Eppure, le idee di Papa Francesco sono il frutto di un’attenta visione degli avvenimenti mondiali. A partire dalla Seconda guerra gli eserciti non si combattono più a viso aperto, soldati contro soldati, ma distruggono anzitutto la popolazione civile. Le cifre sono impietose. I tedeschi pensavano di vincere radendo al suolo Londra. Gli alleati, a loro volta, hanno distrutto quasi tutte le città tedesche. Lubecca e il suo Duomo, Danzica, Amburgo, Brema, Hannover. Il 90% dei centri storici fu polverizzato. Per scovare un manipolo di soldati tedeschi gli alleati avevano raso al suolo il monastero di Montecassino. Rispetto a 68 milioni di morti della Seconda guerra, le vittime militari furono circa 24 milioni e le vittime civili 44 milioni.
Il “moral bombing” al massimo grado fu raggiunto con l’atomica sul Giappone, che gli americani avevano fatto esplodere per “accorciare la guerra e salvare la vita a migliaia di soldati alleati”. La millenaria tradizione del popolo giapponese fu riconvertita in poco tempo al modello consumistico occidentale. Nella guerra vietnamita vennero uccisi 5 milioni di persone di cui 1 milione di militari e 4 milioni di civili.
La più recente applicazione della “moral bombing” è quella di Putin in Ucraina. Bombardamenti a tappeto su obbiettivi civili, torture e atrocità, sono le armi con cui Putin vuole conquistare i territori ritenuti “russofoni”.
L’identificazione tra soldati e civili, si verifica al massimo grado in Palestina. L’attentato del ragazzo kamikaze che viene immolato nella folla di Tel Aviv, ha come conseguenza che il militare israeliano si sente autorizzato a sparare su qualsiasi giovane “sospetto”. Quando Hamas insedia i suoi miliziani in un ospedale, “obbliga” i soldati israeliani ad abbatterlo. I palestinesi che ospitano nelle proprie case gli ostaggi israeliani o gli stessi uomini di Hamas, a giudizio di Netanyahu “giustificano” la strage di Gaza. Secondo l’accorta terminologia militare si tratterebbe di “effetti collaterali”, inevitabili in una guerra sporca.
In ogni caso, invito il più cazzuto degli odierni influencer anti Israele, a rispondere al seguente quesito: se un individuo mascherato stupra e sevizia il corpo di tua madre, cerchi di scovarlo nelle fogne per dargli un premio o per evirarlo? L’azione di Hamas non era forse mirata a provocare l’ira di Israele per delegittimarlo agli occhi del mondo?
Ed ora una domanda a Netanyahu: se affermi di volere due popoli e due stati che collaborino tra loro, come puoi permetterti di investire risorse nell’agricoltura, un’attività che costituisce la principale risorsa economica dei palestinesi? E’ evidente che, su queste basi, l’unica strada possibile è la battaglia finale per la reciproca distruzione. E si comprende perché il mondo occidentale non vuole essere invischiato in una guerra che rischia di allargarsi. Proprio per queste ragioni il nostro Papa Francesco ha dichiarato che la guerra tra israeliani e palestinesi è “incomprensibile”.
Qual’è il fattore aggregante che ha consentito agli inglesi di Churchill, agli ucraini, ai vietnamiti di resistere ad oltranza al “moral bombing”?
Gli inglesi si sono immolati per difendere i valori occidentali, quali la libertà di parola, di religione, di stampa, di riunione e di protezione dagli arresti arbitrari. Questi diritti sono oggi garantiti a tutti gli stranieri che arrivano in Occidente. I vietcong volevano sconfiggere gli imperialisti americani che avevano invaso il loro paese. Gli ucraini non intendono finire nell’orbita russa.
Per quale ragione in occidente si sono dimenticati i fatti del sette ottobre? Perché, secondo gli ideologi “rivoluzionari”, le uniche armi contro il potente esercito israeliano sarebbero gli atti di guerriglia organizzati da Hamas. Non dobbiamo paragonare i taglia gola con i partigiani italiani, vietnamiti, cubani o quelli russi anti Putin. I partigiani hanno sempre avuto una dignità e i loro attentati erano diretti contro obbiettivi militari: gli sventramenti di donne israeliane restano atti di barbarie a prescindere dalle loro motivazioni. Il terrorista infiltrato in Europa che spara nei locali pubblici in nome del popolo palestinese, non è un Che Ghevara, ma un volgare assassino.
A questo punto dobbiamo rilevare che la globalizzazione dei commerci non ha avuto l’effetto di unire i popoli di civiltà diverse. La guida politica delle più grandi nazioni, non è affidata soltanto alle multinazionali della finanza: sono gli eserciti ad avere in mano le sorti del mondo. La credibilità internazionale degli Usa si deve anzitutto ai generali del Pentagono.
La Cina diventa il principale player internazionale grazie ad un partito unico al cui interno prevale la voce dei poliziotti e dei militari. Putin investe in armamenti una percentuale considerevole del bilancio pubblico e annuncia ogni giorno la scoperta di nuovi strumenti di distruzione. Le guerre indo-pakistane non sono finite.
Kim Jong-un, il presidente (per via ereditaria) della Corea del nord, affama un intero popolo per costruire missili intercontinentali. La principale voce di spesa dei paesi medio orientali è quella militare e il più modesto paese africano investe in armi gli aiuti destinati alle popolazioni civili. Trump minaccia di lasciare l’Europa al suo destino di “preda”, se i governi europei non aumenteranno gli investimenti in spese belliche.
Non siamo mai stati così vicini ad una guerra mondiale, perché la politica della dissuasione basata sull’”equilibrio di potenza” è fallita, dal momento che non esistono più due soli blocchi che si confrontano nel mondo. E dal momento che la politica militare di un paese si allarga a macchia d’olio su tutti gli altri.
Il vero conflitto in atto è tra paesi ricchi e paesi poveri. Proprio grazie alla globalizzazione dei mercati, i popoli relegati al sottosviluppo sono sempre più consapevoli della loro povertà e della ricchezza altrui. La loro risposta è quella di minare in radice le basi dell’economia globale: la sicurezza dei commerci. Del resto, anche il missionario cristiano che opera nel Terzo mondo, con il tempo diventa “rivoluzionario”. Egli osserva una realtà sconvolgente ed è costretto ad un approccio che lo avvicini al “sacrificato”, al quale occorre dare la speranza di un futuro migliore.
Solo Papa Francesco sembra avere compreso che il neoliberismo economico non è più in grado di garantire la pace.