La polemica sui clandestini, l’Italia e i milioni di “regolari”

La polemica sui clandestini non si attenua e comincia a infastidire. Tutti a pontificare e a parlare dell’Italia come di una specie di reincarnazione del Reich nazista.

Francamente è ingiusto e anche offensivo per un paese dove lavorano alcuni milioni di stranieri, molti sono diventati cittadini, molti hanno fatto fortuna.

Quanta ipocrisia. Chiedete un po’ al Vaticano, così pronto a criticare l’Italia, che politica ha adottato verso i clandestini all’interno della sua cinta di mura. Perché non trasformano i loro giardini in un campo profughi? Toglietevi il gusto, provate a entrare in Vaticano, da clandestini.

Nel mondo milioni di persone vivono in zone tormentate da guerre, odi tribali, carestie. Nessuno di quelli che ci fanno la lezione si preoccupa. Troppo complessa la politica internazionale, troppo intricati i grovigli degli interessi: petrolio, oro, alluminio, materie prime indispensabili alla nostra vita quotidiana.

D’altra parte nessuno di quelli che si indignano per i clandestini si sogna di buttare il telefonino, al pensiero che estrarre le materie prime per farlo è costato sofferenze e vite umane.

Di quei milioni di infelici, alcune migliaia, pochi in proporzione, cercano una scorciatoia mentre inseguono il più che legittimo sogno di una vita migliore, e arrivano a imbarcarsi, avendo messo assieme le migliaia di dollari che servono per pagare i mercanti di uomini che li riversano sulle nostre coste.

Si sono magari venduto tutto quel poco che avevano per pagarsi il viaggio. Viaggio che si può pensare organizzato non dall’agenzia sotto casa, ma da organizzazioni criminali, come era il caso degli scafisti dell’Albania.

Quelli che organizzano i viaggi, scelgono l’Italia perché è il paese più debole, è la gruviera d’Europa. I maltesi, ultimo recente caso, hanno dimostrato di essere più fermi di noi.

Noi siamo pieni di leggi, proclami, espulsioni, ma poi alla fine, a forza di provarci, qualcosa si ottiene. Una volta entrati, i clandestini sono facili vittime di imprese che li sfruttano, se non diventano manodopera a basso costo della malavita.

È un insulto per gli italiani, che pagano sulla loro pelle, ogni giorno, gli effetti della microcriminalità. È un insulto per quei milioni di lavoratori stranieri, che hanno pazientato anni, che hanno seguito le procedure e che alla fine si ritrovano sbeffeggiati dai soliti furbi.

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