“Ho sbagliato a non sottolineare che i tedeschi uccisi in via Rasella furono soldati nazisti, ma credevo fosse ovvio, scontato, notorio…”. Non sottolineare? “Non biechi nazisti delle SS ma banda musicale di semi pensionati altoatesini”. Non c’è nulla di non sottolineato nella frase di La Russa e nel suo pensare su via Rasella e sulla Resistenza tutta. La distanza, abissale, tra il “non biechi nazisti ma banda musicale” e “soldati nazisti, credevo fosse ovvio, scontato, notorio…” misura la lontananza tra il detto e lo “scusato” entrambi prodotti in successione da Ignazio La Russa.
Ed è la misura, equivalente e contraria, della sincerità delle “scuse”. Scuse che nella sostanza non ci sono e, in fondo, non possono esserci. Non a caso nel suo pesare e valutare via Rasella La Russa ha omesso scartato, respinto dalle sue parole pensieri “l’ovvio, scontato e notorio”. Non è che Ignazio La Russa presidente del Senato della Repubblica italiana abbia dimenticato/sbagliato sui tedeschi uccisi a via Rasella, quel dire caustico “banda musicale di semi pensionati”, quel rimpicciolire, fino a negarlo, il valore militare dell’obiettivo dell’attacco partigiano vengono dal sentimento vero e profondo che La Russa prova rispetto alla Storia, quella storia d’Italia.
Il disprezzo
Sì, il disprezzo. Verso i Partigiani. Ad edulcorare si può aggiungere il disprezzo storico. Meglio ancora ad essere precisi lo storico disprezzo. Lo storico disprezzo che gli italiani che nel 1943 scelsero di nuovo il fascismo provarono verso quelli che consideravano traditori e banditi. Il disprezzo verso la guerra partigiana continuarono a provare e manifestare, per decenni, gli italiani militanti nel MSI orgoglioso delle sue radici storiche, radici nel fascismo. Disprezzo, quello che si può provare verso i nemici in una guerra civile, disprezzo aggravato dallo storico trauma della sconfitta. Disprezzo manifesto quando La Russa dice “atto e pagina non gloriose e non nobili”. Ingloriosi, ignobili…Sono decenni, molti decenni, che la versione fascista di via Rasella è quella di un atto inutile venato di viltà. La non verità dei tedeschi che chiedono ai partigiani di consegnarsi per evitare la rappresaglia.
Mai accaduto ma i fascisti prima e i neo fascisti poi l’hanno sempre raccontata. Non per perfido inventare, ma perché, da quei “traditori, banditi e comunisti” nulla di utile e nobile può mai venire. Ancora ieri La Russa segnalava le “vittime civili” di via Rasella. Inutile e codarda fu l’azione partigiana dei Gap a Roma in via Rasella, è questa la storia secondo cultura e sentimento di chi i Partigiani li combatté, li rastrellò, li fucilò, li impiccò. E questa la storia vera secondo gli italiani che scelsero Salò, la fedeltà a Mussolini e a Hitler e posero l’onore d’Italia nel combattere per loro e con loro. Ignazio La Russa è di quella storia e di quel sentimento viva espressione. Che ama esprimere se stessa. Spesso con l’aggiunta, come nell’ultimo caso, di rodomontismo alquanto infantile. “Loro erano duemila, noi cento…”. E’ il La Russa che rievoca i confronti-scontri di piazza con quelli che per loro del Msi erano i nipotini dei Partigiani.
La Russa e la sorpresa per il 25 aprile
Nell’intervista al Corriere della Sera, quella delle non scuse vestite da scuse, quella della “non sottolineatura che erano soldati nazisti”, il Presidente del Senato promette una sua sorpresa (letterale) per il 25 Aprile, ricorrenza dell’insurrezione e vittoria della Resistenza. Stante le immutabili premesse, stante la circostanza quasi senza eccezioni per cui chi è nato tondo non può morire quadrato, stante quel che manifestamente c’è nel cuore e nella mente di Ignazio La Russa, la sorpresa, quale che sia, anche no, grazie.