Lecco, Don Giorgio De Capitani: “I militari italiani sono dei mercenari e dei farabutti”

Don Giorgio De Capitani

Parole che fanno discutere quelle usate da don Giorgio De Capitani contro i caduti di Kabul, definiti durante un’omelia dei «mercenari, farabutti, criminali». Il prete della piccola chiesa di pietra di Monte, frazione di Rovagnate che appartiene alla curia di Lecco, non è nuovo a questo tipo di esternazioni.

Il prete infatti, già da tempo manifestava delle posizioni diverse da quelle della chiesa ufficiale che avevano portato a diverse smentite e diversi richiami sia del vicario episcopale Bruno Molinari, il suo diretto superiore, sia dell’arcivescovo di Milano cardinale Dionigi Tettamanzi.

Il vicario Molinari ora aggiunge: «A questo punto è chiaro che gli strumenti della persuasione non bastano più. Non so in che termini e in che tempi, ma in queste ore si sta pensando a come porre fine a tutto ciò. Perché è evidente che siamo al di fuori della normalità della vita pastorale». Anche il cardinale Tettamanzi annuncia la rottura e di aver preso «le distanze dalle posizioni personali del prete le cui dichiarazioni sono già state oggetto di richiamo solo parzialmente recepito». Tettamanzi aggiunge, riprendendo l’Angelus di Benedetto XVI, di «ribadire il proprio dolore e vicinanza» alle vittime di Kabul.

Don Giorgio aveva affermato che i militari morti in Afghanistan «fanno il mestiere di uccidere, sono pagati per questo». Alla sua dichiarazione, solo una donna aveva gridato al parroco «vergogna»; alla fedele, il parroco aveva risposto di andarsene dalla chiesa. Tutti gli altri fedeli invece, avevano ascoltato l’omelia e applaudito senza dire nulla.

Anche un altro appartenente alla chiesa di Don Giorgio si era scontrato in passato col parroco:  Alberto Zangrillo, al momento della Comunione disse al prete di essere un “terrorista”. Zangrillo che di professione fa il medico ora ha dichiarato: «Io sono un medico ma non uno psichiatra, mentre quell’uomo andrebbe interdetto, siamo di fronte a un poveraccio in preda alle sue misere farneticazioni».

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