L’anno che verrà tra un anno passerà e questa è la novità…cantava Lucio Dalla. L’estate che stiamo vivendo tra un anno tornerà, con la sua novità: il pericolo. Il pericolo, minimo, consistente, grave, di ogni dimensione e fattura come eventualità in ogni giornata estiva. Il pericolo di un agguato ai nostri danni, agguato teso da un ambiente ostile. L’anno che verrà, l’estate è venuta…se tutto scorre però non tutto scorre uguale e a se stesso. Questa che stiamo vivendo è un’estate con il pericolo incluso nel pacchetto del suo quotidiano, un’estate pericolosa ed è questa la novità.
L’aria, il fuoco, l’acqua
L’aria, il fuoco, l’acqua possono e lo stanno facendo diventare elementi ostili, di una ostilità improvvisa, rapinosa, violenta, imprevedibile quanto fugace. In strada mentre cammini (Milano, Monza, la Brianza, gran parte del Veneto, il Friuli, la Romagna…) l’aria può farsi vento che ti scaglia contro ciò che sollevato e divelto, rami d’albero o lamiere o che alberi interi fa cadere. Vento che ferisce case e abitazioni, sfonda finestre e infissi. Con la complicità dell’aria fattasi vento il fuoco può incendiare boschi, discariche, colline, raggiungere edifici, mangiarsi chiese e conventi e insieme aria e fuoco possono mescolarsi e farsi fumo da consegnare al respiro di intere città (Palermo, Catania, la Sicilia settentrionale e orientale). In casa può mancarti l’acqua corrente e/o l’energia elettrica perché i cavi non reggono le temperature. In casa devi tenerti i rifiuti perché la discarica è sotto incendio e inutilizzabile, in casa ti dicono di restare perché muoversi e viaggiare non è sicuro, questa è la Sicilia di questi giorni. Muoversi non è sicuro: aeroporti cedono al caldo (Sardegna) o sospendono perché minacciati da incendi (Palermo). Treni ritardano o saltano perché frane sul percorso. Frane, detriti che l’acqua fattasi tempesta in combutta con l’aria fattasi vento agita, trasporta, scaglia. In città o in campeggio alberi cedono e cadendo feriscono, talvolta addirittura uccidono.
L’acqua fattasi tempesta può diventare la trappola in un garage, un piano terra, un sottopasso. L’acqua fattasi pietra gelata sott forma di grandine sfascia qua e là per la penisola (per ora al Nord) parabrezza e carrozzerie d’auto. L’acqua fattasi onda scavalca frangiflutti ad Amalfi e si accomoda con protervia sulla strada costiera. Aria, fuoco e acqua trovano modo di farsi ostili dal Friuli fino in Puglia, nel Gargano e nel Salento. Ma non puoi sapere come lo faranno. Magari puoi prevedere il dove, ma il come no, non puoi. Non perché quel come sia ignoto, mai visto. Ma perché quel come, quel farsi ostili di acqua, aria e fuoco sulla terra che abitiamo non era insito nella quotidianeità. Era accidente e non sostanza delle nostre estati, ora ne è trama. Ed è questa la novità. L’estate pericolosa, l’estate insicura.
L’aeroporto di Rodi
Novità così sostanziale che ci trova impreparati, spiazzati, confusi, più che sorpresi e sostanzialmente indisponibili a pensarla per quel che è anche mentre la stiamo vivendo.
L’aeroporto di Rodi è la rappresentazione migliore del nostro straniamento: al primo piano dello scalo ad ogni ora centinaia di turisti cercano di imbarcarsi su un qualunque aereo per lasciare l’isola percorsa per un terzo della sua superficie da incendi indomati, finora sono scappati in circa trentamila. Al primo piano gente che scappa raccontando pericolo, paura, fatica. E che cerca di essere portata via di lì. Al pian superiore ad ogni ora decine di turisti che in aereo a Rodi arrivano e sbarcano. Fiduciosi della protezione del tanto non tocca, non succede proprio a me. Protetti dalla fede nella invulnerabilità garantita loro dall’aver comprato la vacanza e dal comandamento dal mai commettere l’azione sacrilega, come dice una di loro, di “bruciare i soldi”. L‘aeroporto di Rodi, l’isola tutta stessa allegoria dell’estate 2023: sappiamo che l’incendio c’è e con esso il pericolo ma io speriamo che mi tocca la parte dell’isola senza fiamme.