Letta in un titolo di un importante quotidiano italiano: Lgbtqia+, le comunità appunto Lgbtqia+. Fanno otto di numero e tendono orgogliosamente a crescere di numero. Otto identità sessuali orgogliosamente vissute. Con tanto più orgoglio e autostima quanto queste identità siano da chi le porta come identità indossate, percepite, auto percepite. Ogni identità sessuale, una volta balenata all’auto percezione, si ipostatizza in una “comunità” se non in un “genere”. E allunga l’acronimo di una nuova lettera o nuovo simbolo e/o nuova comunità reclamante riconoscimento, protezione, promozione. Siamo ad otto, manca qualcuno, manca qualcosa?
L’allungarsi dell’acronimo, l’accumularsi di segni e simboli per strati tettonici di identità sessuali sta dando vita ad una grammatica identificativa tanto pignola quanto ai limiti del grottesco. Per la semplice e smarrita ragione (smarrita è anche qui la ragione tout court) che non ogni pratica, esercizio, voglia, inventiva sessuale configura di per sé un “genere”. Però può aggregare, di questi tempi e culture, una piccola o meno piccola lobby. E quindi via ad allungate l’acronimo, tendenzialmente senza limiti né di plausibilità né di…fantasia. Anche fosse temporanea e mutante, anche fosse fluida e contingente, ogni postura sessuale sembra debba avere il suo…sindacato.
Una feroce menzogna, una presuntuosa bugia
Non solo i secoli bui, non solo i regimi e le chiese oscurantiste: qui da noi in Europa e in Italia solo da pochi decenni non è più dominante la cultura secondo cui l’omosessualità e insieme ad essa ogni identità sessuale che non fosse quella standard e benedetta fossero vizio, danno, peccato. Vizio sociale, danno alla società, peccato contro natura e contro dio. Era una menzogna feroce. Feroce e oppressiva verso l’omosessualità e la sessualità non eterosessuale (peraltro anche questa cosa buona e giusta solo entro modalità e circostanze codificate). Una menzogna feroce che ancora sussiste, vive e lotta. Solo che non è più dominante. Per fortuna e per fortuna della libertà questa secolare feroce menzogna non è più dominante. Ma è tutt’altro che sparita e bandita. Appena ieri questa feroce menzogna era uso, costume, etica, legge, precetto religioso. Dalla feroce menzogna una società libera deve ancora guardarsi. Ma ora già cammina tra noi la sua nemesi: una bugia presuntuosa e prepotente. La bugia, cui già molti rendono omaggio, secondo la quale una sessualità non etero o, come usa dire non binaria, sia in fondo limitata e…inferiore.
L’omosessualità e le identità sessuali non standard fino a ieri represse come devianze e vizi, oggi al contrario vissute già presentate come virtù, pienezza e realizzazione dell’individuo. Piena realizzazione cui l’etero sessuale e solo etero mai arriva perché “solo” etero. Questa la bugia presuntuosa e prepotente che sta viaggiando in società e che viaggia anche nella presunta ovvietà di quell’acronimo che si allunga: Lgtbqia+ e quel che va ad aggiungersi, cioè l’elenco particolareggiato dei Cobas di ogni umor sessuale. Perché ciò che ha sanamente smesso di essere considerato vizio sociale e individuale ha massimo e incondizionato diritto al riconoscimento alla piena cittadinanza in ogni campo e senso. E ha diritto alla protezione, di legge, usi e costumi. Ma non ha, come pretende di avere e comincia ad avere, diritto alla promozione di se stesso come golden standard di vita. Questo lo hanno preteso e imposto per secoli gli eterosessuali per loro e solo per loro. Questo è quel che tentano di fare e già van dicendo i Cobas delle otto e quel che verranno non eterosessualità