Libia: Pd e Idv divisi su raid, convergono su mozioni

ROMA 26 APR Le opposizioni camminano su un crinale sottile rispetto alla svolta del governo in – ROMA, 26 APR – Le opposizioni camminano su un crinale sottile rispetto alla svolta del governo in Libia: pronte alcune, come Pd e Udc, a sostenere, per 'responsabilita''', la missione italiana nell'ambito della risoluzione Onu. Ma decise tutte, per tattica, ad affondare il coltello nelle divisioni del centrodestra. Per questo Democratici e Fli chiedono in mattinata un voto in Aula per mettere alla prova la maggioranza spaccata dalla posizione della Lega. In serata il partito di Bersani va oltre annunciando la valutazione di un documento su cui chiedere il voto in aula alla Camera. E su questa linea si posiziona alla fine anche l'oltranzista 'anti-raid ' Antonio Di Pietro annunciando a sua volta la presentazione di una mozione su cui far votare l'aula di Montecitorio. La nuova linea dei democrats sarebbe scaturita dopo aver ascoltato le parole molto dure di Umberto Bossi contro il premier sia sulla Libia che sui temi dell'immigrazione. E l'Italia dei Valori si accoda dicendosi pronta a coordinarsi con le altre opposizioni. Intanto, il via libera del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ai bombardamenti mette a tacere, almeno per oggi, i mal di pancia tra i cattolici del Pd. Ma da' fiato ad Antonio Di Pietro che attacca frontalmente il Capo dello Stato: ''Bombardare una nazione non ci pare possa essere considerato uno sviluppo ne' naturale ne' costituzionalmente corretto'', affonda l'ex pm che chiede un nuovo voto in Parlamento perche' le Camere ''non hanno mai autorizzato la guerra ad un'altra nazione''. Una posizione che apre, alla vigilia della campagna elettorale, una frattura con il Pd che liquida come ''stonate e inaccettabili'' le parole di Antonio Di Pietro. Per il resto delle opposizioni, invece, basterebbe il via libera alla missione, votato in commissione, e le parole del Capo dello Stato per non mettersi di traverso alla decisione del governo. Ma il niet della Lega e i malumori dei cattolici del Pdl sono per Pd e Terzo Polo la conferma di un ''governo confuso e diviso'', attacca il finiano Roberto Menia mentre, evidenzia il segretario Udc Lorenzo Cesa, ''su temi dai quali dipende la sicurezza dei nostri soldati e la credibilita' internazionale dell'Italia non sono ammesse ambiguita'''. Resta il fatto che Pier Ferdinando Casini ritiene che un voto in Aula non cambierebbe la sostanza. La realta', sottolinea il capogruppo Pd Dario Franceschini, e' che ''il governo non c'e' piu' su nulla, si compatta e viene in Parlamento unicamente quando si tratta di salvare il presidente del Consiglio''. Per questo, anche se in molti dubitano che la Lega sia disposta a spingersi fino la crisi di governo, finiani e Pd chiedono la conta dopo che domani i ministri Frattini e La Russa riferiranno alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato. La risoluzione gia' votata, spiega Bersani, ''e' gia capiente di un'iniziativa italiana ma e' indispensabile che il governo venga a verificare in Parlamento se ha o no una maggioranza in politica estera''. Un punto di vista che, appunto, si sta trasformando in una richiesta con l'ipotesi del documento su cui chiedere il voto. Anche se il premier Silvio Berlusconi ha gia' chiarito che la decisione sull'intervento italiano e' stata presa con il voto delle commissioni parlamentari.

Gestione cookie