L’INARRESTABILE EMORRAGIA DI CONSENSI DEL PD

La Stampa pubblica un editoriale di Federio Geremicca sulla nuova sconfitta del Pd in Sardegna intitolato ''L'ultimo rovescio di Walter''. Lo riportiamo di seguito:

''Renato Soru non ce l’ha fatta. La sua sfida a Silvio Berlusconi è naufragata in una gelida notte sarda, mentre i dati che affluivano con lentezza ottocentesca dai quattro angoli dell’Isola (appena il 25% delle schede scrutinate a 7 ore dall’apertura delle urne) sancivano il passaggio di mano alla guida della Regione. Il verdetto, come sempre accade quando a elezioni locali si affidano speranze di rivincita più generali, penalizza certo il Pd sardo: ma ha il sapore di un sipario che cala sui propositi veltroniani d’invertire – anche solo psicologicamente – un corso politico il cui bilancio è ora sotto gli occhi. La sconfitta dell’aprile scorso contro Berlusconi; poi lo choc della perdita di Roma, la disfatta abruzzese, un partito in sterile ebollizione e adesso la caduta di Soru in Sardegna. Il quadro non potrebbe essere più fosco: e fallita anche l’ultima sfida lanciata al Cavaliere in tandem col patron di Tiscali, davvero non si vede da dove il Pd possa ripartire per arginare un’emorragia di consensi e credibilità che pare inarrestabile.

A Berlusconi, che ha voluto «mettere la faccia» in una partita elettorale che ancora un mese fa non aveva nulla di scontato, va dato atto del coraggio e dell’intuito mostrati.

Sardo d’adozione», come ama dire in ragione dei weekend che trascorre di tanto in tanto a Villa La Certosa, doveva aver colto il segno di quanto certi rigorismi del governatore (in materia edilizia, ma anche fiscale) stavano aprendo una breccia nel consenso di cui godeva: e con quello che solitamente viene definito l’«istinto del killer», è sceso nell’arena per tentare di assestare il colpo definitivo a Soru e all’intero Pd assieme. Che questo sia stato reso possibile dallo stesso governatore – che si è dimesso anzitempo, alla ricerca di una resa dei conti nel Pd sardo – conta fino a un certo punto: ed attiene, comunque, a scelte non sue e che richiamano, magari, ad un’idea della politica forse eccessivamente autocentrata.

Sia come sia, Berlusconi manda in archivio un altro successo elettorale mentre Veltroni, al contrario, si trova a dover fare i conti con un nuovo rovescio. Proprio per il tipo di campagna elettorale andata in scena, si era molto discettato – prima dell’apertura delle urne – intorno alle possibili ripercussioni nazionali del voto sardo. In particolare, i riflettori erano stati accesi sul prevedibile terremoto che avrebbe potuto scuotere il Partito democratico nell’eventualità di una nuova sconfitta. Qualcuno ha ipotizzato la possibilità di una resa dei conti anticipata, rispetto ai tempi di un Congresso già fissato per l’autunno, dopo le elezioni amministrative ed europee; qualcun altro ha ribattuto facendo appello alle procedure, allo Statuto ed a «tempi tecnici» effettivamente assai stretti. Incertezze comprensibili, considerato il fatto che – di fronte alla vera e propria crisi d’identità in cui sembra versare il Pd – anche un affrettato cambio della leadership potrebbe rivelarsi soluzione inefficace, se non addirittura controproducente.

Ciò non toglie che sia proprio questo il bivio che si para di fronte al partito che ha fuso assieme gli eredi della tradizione comunista e quelli dell’antica sinistra democristiana: andare avanti con un leader sempre più accerchiato e reduce da quattro sconfitte elettorali (ognuna di esse ha una spiegazione, ma tutte assieme costituiscono un macigno) oppure tentare la carta del ricambio. È questa e non altra – o almeno così dovrebbe essere – la scelta che lo stato maggiore del Pd avrà di fronte già stamane, quando riunirà il suo ufficio di Coordinamento. Conteranno, naturalmente, i dati definitivi del voto: cioè le dimensioni della sconfitta di Soru e il risultato finale che avrà ottenuto la lista del Partito democratico. Ma conterà soprattutto una valutazione circa le prossime elezioni – europee ed amministrative – previste fra appena tre mesi e mezzo: andare incontro a un rovescio che oggi pare inevitabile, bere fino in fondo l’amaro calice per poi tentare di ripartire, oppure gettare il cuore oltre l’ostacolo, non rassegnarsi e puntare su energie nuove e magari su uno choc capace di ridare entusiasmo a militanti e quadri dirigenti. È una scelta nient’affatto semplice, com’è evidente: sulla quale, doverosamente, peseranno in maniera determinante proprio le intenzioni di Walter Veltroni, il leader sconfitto''.

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