Mafia/ Riaperte inchieste sulla morte di Falcone e Borsellino. Si cerca un agente segreto “con il viso deformato”. Salvatore Borsellino insorge: “Via D’Amelio fu una strage di Stato”

Pubblicato il 17 Luglio 2009 - 09:12 OLTRE 6 MESI FA

Riaperte le inchieste sulle stragi di mafia, in particolare quelle sulla morte dei giudici Falcone e Borsellino. Gli inquirenti sono alla ricerca di un agente dei servizi di sicurezza che sembrerebbe essere stato vicino e intorno a tanti episodi di sangue. Di lui non si conosce il nome, si sa soltanto che ha un viso deformato, “una faccia da mostro”.

Sarebbe lui la chiave per scoprire cosa c’entrano gli uomini degli apparati dello Stato nelle stragi e nei delitti eccellenti di Palermo. Per questo motivo, diciassette anni dopo sono state ufficialmente riaperte le inchieste sulle stragi di Via D’Amelio, di Via Capaci e dell’Addaura ( dove fu trovata nel giugno dell’89 una bomba nella scogliera davanti la casa di Falcone).

L’ipotesi dei procuratori di Caltanissetta, titolari delle inchieste sulle stragi palermitane, è quella di una “strategia della tensione” che parte dall’estate del 1992 e finisce con gli attentati di via dei Georgofili e via Palestro a Milano.

Non sarebbero coinvolti solo Totò Riina e i Corleonesi, condannati come esecutori e mandanti delle stragi, ma anche agenti segreti che in quel periodo sembra fossero in stretto contatto con i boss palermitani. Ad essere oggetto di numerose testimonianze è proprio l’agente con il viso deformato. L’ultimo ad aver parlato di lui è stato Massimo Ciancimino, figlio del sindaco mafioso di Palermo negli anni ’70, che ha riferito di alcuni incontri avvenuti tra il padre e questo agente.

Ciancimino Jr avrebbe poi parlato anche di un certo “signor Franco” e di un certo “Carlo”.  Con uno di loro Don Vito aveva rapporti da tempo. «Fu lui – ha detto Ciancimino jr – a garantire mio padre, rassicurandolo che dietro le trattattive, inizialmente avviate dal colonnello dei carabinieri Mario Mori e dal capitano Giuseppe De Donno, c’era un personaggio politico».

Intanto, dopo anni di silenzio, mantenuto per sette lunghi anni, Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, adesso parla. Anzi urla: «Mio fratello sapeva della trattativa tra la mafia e lo Stato. Era stato informato. È per questo è stato ucciso. La strage di via D’Amelio è una strage di Stato. Pezzi delle istituzioni hanno lavorato per prepararla ed eseguirla. Adesso che la verità sulla strage si avvicina, spero solo che non siano gli storici a doverla scrivere. Bensì i giornalisti. Io tra non molti anni raggiungerò mio fratello Paolo e non so se riuscirò a leggerla sui giornali».