Gennaio 2011, Marine Le Pen, con la benedizione del padre, prende le redini del Fronte nazionale al congresso di Tours.
E’ ancora la cocca di Jean-Marie, antisemita e pétainista, che appena quattro anni dopo sarà cacciato dal partito da lui fondato.
A Tours, Marine comincia la sua lunga marcia verso la rispettabilità. Già in quei giorni mette a fuoco una discontinuità rispetto ai vecchi baroni dell’estrema destra : dice no all’abrogazione delle leggi sull’aborto e sulle unioni civili.
Dà subito un’idea della sua strategia : riverniciare la facciata dell’estrema destra con una dose di modernismo senza mai rinnegare la lotta contro la mondializzazione e l’immigrazione.
Quasi tredici anni dopo, la sua scelta si dimostra pagante. Secondo il sondaggio annuale commissionato da Le Monde e dalla stazione radiofonica pubblica France Info, la leader dell’estrema destra è ormai percepita come un personaggio politico come gli altri.
E questo pur non essendo mai passata attraverso una vera revisione ideologica delle fondamenta su cui si è costruito il Fronte nazionale, diventato Rassemblement national (Rn) nel 2018.
Del resto, la vecchia fiammella tricolore, mutuata dal Msi, è ancora nel simbolo, sia pur stilizzata. Con invidiabile abilità e una costanza che dimostra una forza di carattere non comune, Marine Le Pen è riuscita a sdoganare sé stessa e il suo partito.
Lo ha fatto cancellando dal suo programma e dai suoi discorsi tutte le chimere dei populisti di estrema destra, dal ritorno al vecchio franco all’abbandono dell’Ue.
Ha messo al bando le formulette facili con cui tentava di accreditare un programma economico inesistente. Ha rubato all’estrema sinistra i temi sociali, ha lasciato al suo destino Giovanna d’Arco, tanto amata dal padre, per avvolgersi nella bandiera del difensore delle classi popolari, dei dimenticati della Francia profonda.
Già il padre aveva cominciato ad attirare l’elettorato operaio smarrito dal tracollo del Partito comunista francese (nato, per un’ironia della storia, proprio a Tours nel 1920), restando tuttavia legato a idee economiche liberiste.
Ma solo la figlia ha costruito la sua strategia sulla lotta contro la grande finanza e le élites che dirigono il mondo occidentale, sul ruolo dello Stato come regolatore del mercato e soprattutto come protettore dei più deboli e dei servizi pubblici. Sono spesso idee vaghe, che tuttavia trovano sempre maggiori consensi.
Secondo il sondaggio, il 18 per cento dei francesi è d’accordo sulla diagnosi dei problemi e sulle soluzioni proposte dal Rn, un altro 28 per cento è d’accordo sulla diagnosi.
Fate voi la somma. La maggioranza pensa che il Rassemblement lepenista non è più un pericolo, rappresenta la prima forza d’opposizione nel paese e la sua leader non incarna più una destra nazionalista e xenofoba, bensì una destra patriottica legata ai valori tradizionali.
Come se ciò non bastasse, gli ultimi sondaggi sulle prossime europee danno l’Rn primo partito, poco sotto il 30 per cento.
Ciò non significa che Marine Le Pen abbia già in mano tutte le carte per entrare all’Eliseo nel 2027. Molto dipenderà dall’emergere o meno, nel campo democratico, di una personalità popolare, capace di costruire uno schieramento largo e credibile, senza correre dietro alle idee dell’estrema destra e senza dimenticare gli umori del paese. Un leader che ancora non si vede.
Le Pen dovrà anche vedersela con la giustizia : lei ed altri 26 dirigenti dell’Rn andranno a processo l’anno prossimo per appropriazione indebita.
Sono accusati di aver pagato i propri funzionari che lavoravano in Francia con i fondi dell’europarlamento. Le condanne non hanno mai intralciato le carriere politiche, ma c’è un particolare : la pena per appropriazione indebita, quando si tratta di fondi pubblici, può essere assortita con l’ineliggibilità.
Inutile aggiungere che sarebbe meglio fosse la politica, piuttosto che i giudici, a bloccare l’ascesa (irresistibile?) di Marine Le Pen.
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