Matteo Renzi, tra Machiavelli e Guicciardini come tra Berlusconi e i “centristi”

Matteo Renzi, tra Machiavelli e Guicciardini come tra Berlusconi e i "centristi"
Matteo Renzi. Riuscirà a liberarsi dell’ipoteca Berlusconi?

Con orgoglio da lupetto, Matteo Renzi dà la sua parola da scout che “va avanti da solo” e “di non essere nelle mani di Berlusconi”.

Ma il Presidente del consiglio sa che questo non è possibile. Colpa dei numeri alla Camera, soprattutto al Senato, che lo condannano a cercare alleanze e maggioranze variabili. E non c’è dubbio che in queste ore si senta un po’ Principe di Machiavelli, astuto, capace di usare la forza e abile manovratore ma anche consapevole, con Guicciardini, della “varietà delle circostanze” e dell’importanza del “particolare”. In fondo li ha in casa i maestri della politica e della storiografia. E sa bene come certi classici possano dare una mano nel presente.

Si tratta qui di capire dove a Renzi convenga cercare numeri e alleanze. Possiamo immaginare che tra la casa di Rignano, l’ufficio a palazzo Chigi, ma soprattutto nella sua testa, stia in questi giorni simulando un suo personalissimo risiko con tutte le posizioni in campo.

Con Forza Italia è più facile dire cosa divide che non cosa unisca. La riforma del Senato e del Titolo V è passata al Senato grazie a Forza Italia ma i 19 senatori non votanti (su 59 totali) sono la spia che anche questo è un asse che potrebbe presto incrinarsi. Per il resto, poi, uno – FI – va a destra e l’altro – Matteo Renzi – a sinistra guardando al centro.

Sul fronte della giustizia le richieste su separazione delle carriere tra giudici e pm, bavaglio alle intercettazioni, responsabilità civile delle toghe, falso in bilancio e diritti degli avvocati non potranno mai essere ricevute dal Guardasigilli Andrea Orlando. Ma il vero iato è sul fronte economico: troppo liberismo, specie nei confronti della spesa pubblica, per non parlare della lotta all’evasione non possono trovare riscontro nei piani di Matteo Renzi. Anche nella legge elettorale, in fondo, se non ci fosse il veto totale di Berlusconi sulle preferenze e contro i piccoli partiti, un accordo sarebbe già stato trovato con le altre forze che si muovono nel recinto della maggioranza.

Ecco che l’auspicio di un Nazareno economico, inteso come patto non solo sulle riforme, sembra più un wishful thinking di qualche berluscones (Manuela Repetti in testa) con tanta voglia di entrare in maggioranza che uno scenario possibile.

Più facile ragionare invece con le forze che fanno già parte della maggioranza. I 59 voti azzurri a palazzo Madama possono infatti trovare degli ottimi sostituti con i cinquanta senatori di area centrista che sommano insieme Ncd, Scelta civica, Popolari e qualche altro seduto nel gruppo misto e nei banchi di Gal.

È una forza già prevista nella maggioranza che ancora però si muove a chiazze, senza unità, senza un piano preciso e qualche colpo di coda. Molti, Gaetano Quagliariello in testa, sono convinti della necessità di dare vita il prima possibile a un gruppo unico di almeno 90 parlamentari (40 alla Camera, 50 al Senato) che certo avrebbe una forza d’urto più importante dell’attuale arcipelago di sigle.

“I Popolari o come si chiameranno – spiega Sergio Pizzolante (Ncd) – non vanno intesi come forza sostitutiva a Forza Italia. Non possiamo essere risolutivi per le riforme istituzionali ma certo potremo essere più che sufficienti sul piano delle riforme economiche”.

Con i centristi è certamente più facile portare a casa la riforma della giustizia e anche la legge elettorale: Renzi non ha timore di concedere la soglia del 4 per cento ai piccoli partiti del centrodestra; così come un accordo potrebbe essere facile sulla primarie obbligatorie per legge e sgomberare il campo dalle preferenze. Lotta alla burocrazia e per un fisco più amico sono il pallino di tutti (anche di Berlusconi). Su nuove regole per contratti a tutele crescenti e semplificazioni nel mondo del lavoro, Renzi è sintonizzato con il centro. Un po’ meno con l’ala sinistra del Pd, ma una mediazione può essere trovata. Passando anche dalle riforme istituzionali e, soprattutto, ancora una volta, dalla legge elettorale. Garantire rappresentanza ai piccoli aprirebbe tante strade.

Interessante sarà vedere come andrà a finire la battaglia sull’articolo 18, aizzata da Angelino Alfano soprattutto per segnare il territorio in una maggioranza dove “il Pd non è l’unico partito”. E per portare a casa altro sul fronte della flessibilità dei contratti nella legge delega sul lavoro.

Condannati invece alla vera marginalità sembrano invece i Cinque stelle. Gli streaming con il vicepresidente della Camera Di Maio sembrano preistoria. Anche se, a ben vedere, i Cinque stelle potrebbero tornare in gioco sulla giustizia.

In ogni caso, Matteo Renzi non può fare tutto da solo. Con un occhio a Machiavelli e uno a Guicciardini, l’ha ben chiaro anche lui. A meno che non voglia buttare tutto all’aria e andare a votare. Ma su questo ha dato la sua parola di lupetto: “La legislatura andrà avanti fino al 2018”.

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