E’ Nando Pagnoncelli, il più famoso dei sondaggisti, a dire che, nonostante tutto, il gradimento per Giorgia Meloni è in salita; mentre il suo partito (suo in tutti i sensi: lo ha creato e portato a guidare l’Italia) è in calo.
Alla gente non piacciono i litigi, le polemiche, le invettive, le divisioni, gli attacchi furibondi che coinvolgono il Parlamento. Il freno inibitorio è andato a farsi benedire e Giorgia paga un debito non per quello che sta facendo, ma perché è lo stesso suo partito a crearle delle grane. Tanto è vero che molti commentatori sono convinti che oggi vivano in Italia due “Giorgie”: quella che l’Europa stima e le dà credito; ed un’altra “nostrana” da cui nascono i grattacapi che non sempre la premier riesce a risolvere.
Ad esempio, il modo di esprimersi: i sostantivi e gli aggettivi che escono dalla bocca dei suoi più stretti collaboratori. Si fa una gran cagnara (assolutamente giusta in verità) per alcune parole che hanno indignato il Palazzo vicino alla sinistra.
Pederasta, infame ed altre contumelie del genere. Non c’è dubbio che vanno evitate queste esternazioni, in specie se provengono da chi dovrebbe insegnare la madre lingua. Invece, avviene l’esatto contrario e la gente si meraviglia se tali “conversazioni” avvengano in luoghi, come Camera e Senato, sede dei politici che dovrebbero insegnare i comportamenti di ciascuno di noi. E’ un concetto sacrosanto da non dimenticare sia a destra che a sinistra.
Purtroppo, non sempre è così ed anche in questo caso prevale l’ideologia e di conseguenza la mala educazione. Infatti, non c’è stata la stessa buriana quando al presidente del consiglio fu affibbiato il termine “bastarda”, oppure quando un governatore disse in pieno Transatlantico che la premier era una “str……”
O ancora, nel pieno di un talk show, sentir dire dall’onorevole Alessandro Zan, che il governo era pieno di cialtroni. A questo punto, chi conduceva il programma avrebbe dovuto intervenire per indignarsi. Invece, è sceso il silenzio più assoluto soprattutto da parte della persona che avrebbe dovuto intervenire per redarguire il parlamentare. O, ancora meglio, non dobbiamo dimenticare l’episodio avvenuto a Genova. Esclamò un signore durante un comizio: “Non dovete votare alle regionali per il sindaco Bucci: ha il tumore e non ha molta vita dinanzi a sé”.
Che cosa s i può obiettare al riguardo? Ogni risposta sarebbe insignificante: una carezza invece che un diretto al mento. E’ giunto proprio il momento di dire basta. Non se ne po’ più di sentire tali termini. Un genitore che deve riprendere un figlio che si è espresso in modo violento o boccaccesco non potrà esagerare contro il giovane se pochi minuti prima in tv gli insulti e le male parole hanno inondato un programma. Siamo insomma alle solite.
A creare danni a Giorgia Meloni e a Elly Schlein non sono tanto gli avversari (anche se non si comportano da signorine), ma gli amici, cioè i compagni di partito che dovrebbero parlare di meno e lavorare di più. Pensate come vivremmo meglio se in Parlamento maggioranza e opposizione usassero toni diversi. Una “battaglia democratica”, non una rissa e un continuo andare alla ricerca di uno scivolone che possa mettere all’angolo l’avversario, anzi il nemico. Probabilmente – se non certamente – l’Italia avrebbe i suoi problemi, ma assai meno di quelli che ne ha oggi.
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