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Migranti, l’Onu auspica ”Torni subito il soccorso in mare” e chiede ”Perché non si pattuglia più il Mediterraneo?”

Migranti, l’Onu: “Torni subito il soccorso in mare”. L’Agenzia internazionale per le migrazioni dell’Onu (OIM) ha tuonato da par suo. Sarà ascoltata? Legittimo dubitarne.

La politica per l’immigrazione europea fa acqua da tutte le parti. È una tela di Penelope che non si completa mai. L’immobilita’ dell’Europa è scandalosa, insostenibile; gonfia di paure, ricatti, divisioni. Di fronte alla tragedia avvenuta al largo delle coste greche – una delle più grandi tragedie umanitarie degli ultimi anni –  lorsignori ci hanno rifillato le solite parole pelose, ben pettinate,  vuote di riferimenti concreti, piene di finta solidarietà.

Filastrocche da cantori di strada.  Non si possono più ascoltare . Lo sanno tutti che i Paesi del Nord e dell’Est Europa ritengono che quanto accade nel Mediterraneo non è affar loro. Tutto il fardello migratorio – crescente, inarrestabile, caotico – è tutto sulle spalle dell’Italia. Poche storie. Anche Mattarella se ne lamenta.

IL SOCCORSO LATITA DA ANNI

Manca da 5-6 anni. Prima c’era Mare Nostrum,  poi l’operazione Sophia, quindi Triton ancora in corso seppur con un altro nome, coordinata da Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera fondata nel 2004 per assistere gli Stati membri della Ue. 

Morale: per l’Onu è “sostanzialmente inattiva“. Tutta colpa, si dice, del cosiddetto “pull factor”, per cui se esistono soccorritori in mare allora questi attraggono migranti. Che è poi l’accusa che si beccano le Ong e che la Gran Bretagna a suo tempo rivolgeva a Mare Nostrum. Oggi i migranti arrivano da tutte le parti, dal’Africa e dal vicino Oriente. La Libia incoraggia i trafficanti, le guerre in Sudan ed Etiopa alimentano le partenze, l’autocrazia in Tunisia complica i negoziati, il ricatto turco li esaspera. Come uscirne?

MIGRANTI, LE TRE COSE DA FARE

1) Ristrutturare il pattugliamento militare in mare.  Tutti coloro che partono devono essere soccorsi e condotti in un porto sicuro che non può certo essere la Libia. Dice Flavio Di Giacomo, portavoce della OIM: ”Almeno il 20% delle persone riportate laggiù sono scomparse dai nostri radar”.
2) Aprire regolari canali di migrazione. I Paesi europei hanno bisogno di flussi regolari.
3) Avviare politiche di cooperazione a lungo termine con i Paesi di origine o di transito.

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