Mobbing/ Non è reato nelle grandi aziende. Lo stabilisce una sentenza della Corte di Cassazione

Il mobbing in una grande azienda non costituisce reato. Lo stabilisce la Corte di Cassazione con una sentenza depositata il 26 giugno.

Il paradosso «della non punibilità» – seppure sono accertati «sistematici comportamenti ostili, umilianti e lesivi della dignità personale» – è dovuto al fatto che nel nostro ordinamento non esiste la specifica figura del reato di mobbing. L’Italia non ha, infatti, ottemperato alla delibera del Consiglio d’Europa del 2000 che vincola tutti gli Stati membri a dotarsi di una normativa penale ad hoc e, dopo quasi un decennio, non risulta ancora in linea con gli altri ordinamenti europei dove il mobbing è un reato a sé stante

Gli unici casi in cui la condotta vessatoria del datore di lavoro verso il dipendente può determinarne la responsabilità penale con la conseguente applicazione della pena sono quelli in cui tale comportamento integri gli estremi di altre fattispecie di reati come l’abuso dei mezzi di correzione o i maltrattamenti in famiglia. Entrambi i reati prevedono una relazione diretta tra vittima e carnefice, connotati cioè dall’essere il sottoposto sotto la piena influenza di chi lo vessa.

Ecco perché la Cassazione esclude che nell’ambito di una grande azienda si possa realizzare quella pressante relazione di tipo «para-familiare» che integra i presupposti del reato di maltrattamenti a cui – in assenza della specifica figura di reato – è stato per giurisprudenza costante assimilato il mobbing.

Unica strada praticabile per ottenere giustizia resta, quindi, quella dell’azione civile per ottenere il risarcimento del danno.

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