Musei italiani: stranieri e donne. Immagine o competenza?

ROMA – Le nomine fatte dal ministro della Cultura Dario Franceschini ai vertici di 20 musei in Italia hanno alzato un polverone di polemiche, a partire, come riferisce Laura Larcan sul Merssaggero di Roma da

“qualche commento al vetriolo, magari anche i conti in tasca dei colleghi tra stipendi di serie A (145mila euro l’anno per i sette musei di prima fascia) e stipendi di serie B (i 78mila euro l’anno per i 13 musei di seconda fascia)”.

Franceschini è il ministro che voleva chiedere un miliardo di danni per un fotomontaggio di un mitra a tracolla del David di Michelangelo.

Accanto ad acuni nomi collaudati, di professionisti con esperienza in musei di minore complessità rispetto a quelli di destinazione, alcune scete non convincono, a partire da quella del più giovane direttore designato, il tedesco Gabriel Zuchtriegel, 34 anni, con poca esperienza di gestione ma un incarico di insegnamento alla Università della Basilicata. E  poi la comica delle 10 donne contro 10 uomini, che sembra derivare da una logica spartitoria di immagine. E poi ancora la non ben motivata esclusione del direttore uscente degli Uffizi, a Firenze, Antonio Natali:

“Un Paese che dice di voler cambiare non poteva permettersi di dire che restava il vecchio direttore… Amarezza? L’ho avuta quando ho capito quale era il copione…”.

Vero è che siamo in territorio fiorentino e Natali può avere offeso in qualche modo Matteo Renzi nella sua vita a Firenze. Meno credibile è il criterio per cui Natali, essendo prossimo alla pensione, over 60, non avrebbe potuto completare i 4 anni previsti dal bando di concorso. Come mai allora alla Galleria Borghese di Roma è stata scelta una donna di 63 anni, Anna Coliva?

La critica più feroce e anche più centrata alle scelte di Franceschini è venuta da Vittorio Sgarbi, riferita da Paolo Conti sul Corriere della Sera:

“Altro che svolta, quello di Franceschini è un errore grave: non si umiliano così i funzionari delle sovrintendenze. È solo un’operazione di immagine si è voluto aprire agli stranieri e guarda caso sette direttori su 20 sono stranieri. Non è che gli stranieri siano per forza migliori. Come pure è sospetto che 10 siano uomini e 10 donne… Ma nomine di questo tipo e di questa importanza un ministro dei Beni culturali le fa in prima persona, assumendosene la responsabilità, non le affida a quattro commissari e al presidente della Biennale di Venezia.

“Nessuno mette in discussione la competenza dei prescelti, ma non è che gli stranieri abbiano per forza competenze maggiori dei nostri. Non solo: ci sono conferme, e sostituzioni, ma decise su quali basi? La verità e che è i sovrintendenti dovrebbero ribellarsi a un metodo profondamente ingiusto e sbagliato”.

Anche Cristina Acidini, per anni responsabile della Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale di Firenze, non apprezza l’operato di Franceschini:

“Queste scelte erano nella filosofia della riforma e sono effetto del bando internazionale di cui sono conclusione coerente. Sono persone che in gran parte conosco e di cui ho la massima stima. Però rimango perplessa riguardo a un commento del ministro Franceschini quando parla di recupero di un ritardo di decenni nel sistema museale italiano. Io ho diretto 27 musei nella mia carriera e non penso che ci fosse questo ritardo di cui dice il ministro. Credo che con queste nomine, gli storici dell’arte che lavorano nei musei statali, professionisti di prestigio internazionale, siano stati molto sottostimati”.

Secondo Laura Larcan,

“la critica più incalzante, rimbalzata da un’agenzia all’altra, e rincorsa tra addetti ai lavori (chi conosce chi e chi rinnega chi) è sull’estremo internazionalismo che ha guidato la scelta dei finalissimi. Che l’X Factor della cultura italiana sia necessariamente oltralpe o oltreoceano? Sembrerebbe di sì visto che su venti “eletti” gli stranieri tout court sono sette, e a loro sono stati affidati sedi tra le più prestigiose in assoluto, dagli Uffizi a Brera, da Capodimonte alla Galleria Nazionale di Urbino. E quattro sono “cervelli italiani in fuga” ritornati a casa, con un curriculum tutto costruito su esperienze all’estero. E se a Firenze, la battuta è lecita, sembra che i musei comincino a parlare tedesco (con Eike Schmidt agli Uffizi e Cecile Hollberg alla Galleria dell’Accademia, ossia il museo del David di Michelangelo), il grande escluso sembra proprio lo storico direttore dell’istituzione di piazza della Signoria Antonio Natali, classe ’51.

“Un aspetto che salta agli occhi è la questione delle quote rosa. Una spartizione certosina e zelante: su 20, 10 sono uomini e 10 sono donne. Pensare che, a proposito di signore, una fuoriclasse come Cristiana Collu (46 anni) che ha sbaragliato la forte concorrenza per la poltrona della Galleria nazionale d’Arte moderna di Roma (già direttrice del Mart di Rovereto e del Man di Nuoro) aveva partecipato un anno fa al bando pubblico per la direzione del museo Macro, istituzione (più piccola) comunale di Roma, ma dopo i colloqui era stata esclusa. Quando si dice, prendersi una rivincita.

“La commissione presieduta da Paolo Baratta continuerà a lavorare, perché entro il mese di settembre i venti top musei devono diventare operativi, ciascuno con i propri Consiglio d’ amministrazione e Commissione scientifica. Organi che saranno nominati a seguire nelle prossime ore. Il debutto delle nuove squadre rappresenterà una fase quanto mai strategica per la vita dei musei, non fosse altro perché devono mettere in campo i nuovi progetti di valorizzazione e di messa a reddito del patrimonio culturale. Dettaglio non da poco. In ballo ci sono, infatti, tutti i servizi aggiuntivi in fase di proroga da anni. E qui verrà svelato il vero lato manageriale del nuovo direttore, che dovrà garantire con tempestività e originalità l’apertura delle nuove gare di appalto per caffetterie, ristorazione gourmet, bookshop, comunicazione, biglietterie. Questa sarà la vera svolta. Dopo anni di stallo” .

Sarà davvero così? Non sarà che la micidiale burocrazia italiana, in particolare quella del ministero dei Beni culturali, stritolerà quei poveri stranieri, catapultati, soli e a mani nude, nella selva selvaggia e aspra e forte della cultura di Stato in Italia?

Musei italiani: stranieri e donne. Immagine o competenza?
Dario Franceschini, ministro della cultura. Mettere dìtanti stranieri e donne a capo dei musei in Italia è stata un asceta basata su criteri di immagine o di competenza?
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