Incurante di ogni evidenza e ad ogni evidenza impermeabile continua a regnare il luogo comune secondo il quale più si è poveri e meno figli si fanno in un rapporto di causa-effetto tra basso reddito e bassa natalità. Evidenze statistiche, sociologiche, demografiche e a questo punto addirittura storiche attestano su scala planetaria il contrario. Le popolazioni a basso reddito hanno i più alti tassi di natalità, le popolazioni ad alto reddito hanno i più bassi tassi di natalità. E non appena una popolazione scala un gradino nell’aumento di reddito disponibile, reddito, consumi, salute, subito se ne vede il riflesso demografico: quella popolazione comincia a fare meno figli. L’evidenza è massiccia e palpabile non solo in Europa e Nord America, è lampante e documentata in Asia e perfino in Africa.
E’ l’agiatezza economica o almeno la garantita e piena soddisfazione dei bisogni primari che consente lo svilupparsi di una cultura in cui fare figli è scelta e non automatismo. E’ la voglia e la possibilità di vivere in maniera più libera, piena e, se si vuole dire così, comoda che consente e induce a diminuire il numero dei figli. Uno, al massimo due. A misura del reddito, delle aspirazioni, della qualità della vita. Là dove invece la condizione di vita si avvicina, sfiora appena la soglia di sopravvivenza, là la riproduzione umana privilegia e assume la forma della quantità: sono i poveri a fare più figli dei ricchi. Nel mondo, sul pianeta Terra e anche nell’Italia in cosiddetto “inverno demografico” e cioè 1,2 figlio/figlia per donna.
Natalità: i diecimila euro
Quindi non saranno né dieci né ventimila euro di tasse in meno a famiglia (se mai saranno) a convincere una famiglia non in ristrettezze economiche a fare figli, altri figli. Che poi, anche fosse subito e da domani stesso, in termini di forza lavoro e produttori di risorse se ne parlerebbe tra venti anni. Si fanno pochi figli nelle società non povere per ragioni culturali rispetto alle quali spargere denaro pubblico come premio parto avrebbe lo stesso felice esito che il reddito di cittadinanza ha avuto rispetto all’aumento dell’occupazione: zero o giù di lì. Chi ha un reddito non di sopravvivenza e chi lavora per averlo e chi spera di averlo cerca qualità della vita e all’interno e coerente e compatibile e a perfezionamento della qualità delle vita ci può essere diventare genitori.
Genitori dalla qualità della vita resa possibile e praticabile da asili nido per tutti, congedi parentali consistenti, trasporti, salute e servizi pubblici reali e disponibili. Così e non con una big mancia i non poveri faranno felicemente qualche figlio in più e saranno felici di farlo. Ma il primo passo, essenziale, sarebbe quello di vedere quel che è: non è la povertà, vera, presunta o percepita che sia a coincidere con la scelta di non fare figli. E’ altro e, tutte le prove demoscopiche, sociologiche, statistiche storiche alla mano, fa rima con agiatezza.