Navalny, chi era il “russo buono” che piaceva agli americani (ma che ricordava Trump), analisi di un mito. Aleskeji Navalnyj era russo, dell’Oblast di Mosca, più nazionalista di Putin, considerando che San Pietroburgo, città natìa del nuovo Zar, è considerata più occidentale di Mosca.
Il nemico del mio nemico è un mio amico: un detto nato forse dopo Caino e Abele, ma che rappresenta bene come l’Occidente abbia perso la capacità di esaminare gli altri se non con le proprie miopi lenti. Per cui fiaccolata per Navalnyj oggi, niente armi a Zelensky, altro Rus’ di Kiev, domani. Perché costano molto più delle fiaccole.
PS: Putin è un dittatore, ma russo, ed i russi, di una città più dissenziente di altre, votarono in maggioranza il suo candidato e non Navalnyj quando si candidò a Sindaco di Mosca. Certo non c’erano osservatori internazionali, e sicuramente qualche broglio, ma a Roma spesso è lo stesso, ci saranno stati. Ma se Navalnyj fosse stato largamente maggioritario i brogli non sarebbero bastati.
Pertanto, per quanto despota, Putin ha con sé la maggioranza ancora schiacciante dei russi, che si identificano, a torto o a ragione, per paura o mancanza di solide alternative, in lui. E se pensiamo che i russi abbiano una forte natura liberale, pluralista e democratica non conosciamo i russi né la Grande Madre Russia. Un po’ di letteratura russa non guasterebbe.
da The Social Post