NEL PD SALE LA TENSIONE, VELTRONI PROPONE CONGRESSO ANTICIPATO

Veltroni_solo Sembrava stretto all’angolo, ma con una mossa di occhettiana memoria Veltroni spiazza tutti mettendo in gioco la sua stessa leadership. E ottiene una prima vittoria. «Io non sono attaccato alla poltrona. Si vuole fare il congresso subito? Facciamolo il 14 ottobre, con le primarie per la scelta del nuovo leader. Non voglio fare il segretario di un partito con vecchie logiche »: Walter Veltroni non ci sta a farsi rosolare a fuoco lento. E così gioca d’anticipo sugli avversari interni che vorrebbero le assise per farlo fuori. Li prende di sorpresa, quando non hanno ancora stabilito il come e il quando di quell’appuntamento. Il leader del Pd concorda la linea con Goffredo Bettini, che è su queste posizioni, e con Dario Franceschini, prima dell’ennesimo «caminetto ».

E a proposito di questi consessi, Veltroni spiega ai suoi che non vuole «più essere condizionato» dagli incontri con i maggiorenti del partito. Alla riunione il primo ad aprire le danze è Bettini: «Non voglio minimizzare la sconfitta. Ma il problema non è quello di discutere ora, come si sta invece facendo, se il partito deve o no fare alleanze e con chi. E comunque per capire se la linea politica di Veltroni è accettata dalla maggioranza sarebbe il caso di tenere un congresso al più presto, con le primarie per l’elezione del segretario». Paolo Gentiloni si attesta sulle stesse posizioni. Fanno lo stesso Arturo Parisi ed Enrico Letta, che pure non si possono definire veltroniani. Lo schema del segretario ricorda quelli di Occhetto, il quale, per uscire dall’angolo, era solito spiazzare gli avversari, mettendo in gioco la sua poltrona e facendoli passare per degli oligarchi che tramavano contro di lui. Bersani, che si presenta come l’alternativa a Veltroni, non può non accettare la sfida e chiede un congresso «vero ».

Ma ecco che Marini nicchia e dice di no, lo stesso dicasi per Fioroni e Fassino. E D’Alema? Non fa mistero del suo stato d’animo. Già in mattinata aveva detto: «Io non mi faccio consultare sui capigruppo ». Ora osserva: «Secondo lo schema che si sta proponendo io dovrei fare la parte dell’oligarchia, ma non ci sto. Dico solo che un congresso in tempi brevi con le primarie rischia di essere un rito autocelebrativo, in cui magari viene molta meno gente di quella che venne il 14 ottobre scorso, il che sarebbe controproducente. Allora capiamo quello che è successo, perché prima si è detto che la sconfitta delle politiche era colpa del governo Prodi, poi per Roma si è spiegato che era l’onda lunga della destra. Riflettiamo e dopo, se ci sono analisi e proposte diverse, andiamo al Congresso». Insomma, un modo per far pendere ancora sulla testa di Veltroni la spada di Damocle del congresso dopo le elezioni europee, quando, in assenza di voto utile, prevedibilmente il Pd prenderà meno voti. Il ministro degli Esteri non fa niente per nascondere il proprio malumore. Dice ad un collega di partito: «Io non ci sto a farmi dettare la linea da alcuni giornali». Dichiara ai giornalisti: «È incauto chi propone il congresso anticipato».

Sale la tensione, tant’è vero che dentro e fuori la riunione tra D’Alema e Franceschini, volano gli stracci. Il secondo accusa il primo di voler «indebolire il gruppo dirigente » rifiutandosi di farsi consultare sui capigruppo. Replica tagliente di D’Alema: «È noto che io ero per un’alta soluzione quindi non mi faccio consultare». E ancora, Franceschini legge le dichiarazioni sui giornali dell’ultimo mese e mezzo di D’Alema e Bersani che, implicitamente, sconfessano la linea del segretario: «È un modo per logorarlo». Il ministro degli Esteri alza la voce. Interviene anche Veltroni, D’Alema s’arrabbia pure con lui. Il clima nel Pd è più che pessimo, ma intanto il segretario porta a casa il congelamento dei capigruppo (anche se c’è chi teme i voti contrari per Soro), spiazza gli avversari sul congresso anticipato, riservandosi di usarlo davvero come ultima carta. E impone la sua linea: il Pd non può essere come il Pci, con le sue logiche e riti. Ne ha discusso anche con Blair, che gli ha detto: «In Europa bisogna chiudere con tutto ciò che ha a che fare con la sinistra ». Tant’è vero che con Blair Veltroni pensa a una nuova collocazione internazionale per le forze progressiste, che non sia più quella attuale.

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