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Nigeria/ la Shell paga 15 milioni e mezzo di dollari ed evita un processo per l’uccisione dell’ambientalista Ken Saro-Wiwa ed altri cinque attivisti nigeriani

di Lorenzo Briotti |9 Giugno 2009 15:01

Ken Saro-Wiwa era uno scrittore ed attivista nigeriano fondatore del movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni che si batteva contro il colosso petrolifero anglo-olandese Shell e i danni ambientali provocati dall’estrazione di greggio nella regione nigeriana dell’Ogoniland. Nel 1995 Wiwa fu impiccato con altri otto attivisti: lo scrittore era riuscito a mobilitare migliaia di persone per bloccare la produzione di greggio della Shell. Prima che venisse impiccato, Saro-Wiwa disse «Il Signore accolga la mia anima, ma la lotta continua»

La multinazionale petrolifera ha accettato di pagare 15 milioni e mezzo di dollari (11,1 milioni di euro) per evitare di comparire in un imbarazzante e clamoroso processo in cui poteva essere accusata di complicità con l’ex regime militare nigeriano per l’esecuzione di sei civili che si opponevano ai suoi metodi di estrazione del petrolio. Tra le vittime appunto lo scrittore, poeta e attivista ambientalista Ken Saro-Wiva.

«Il gesto significa che, anche se Shell non ha partecipato alle violenze che sono avvenute, ci sono dei querelanti e delle persone che hanno sofferto», ha dichiarato in un comunicato Malcolm Brinded, che dirige il ramo esplorazione e produzione di Shell. Il gigante anglo-olandese ha dichiarato di aver accettato di regolare la faccenda per aiutare il«processo di riconciliazione» negando qualsiasi implicazione nella morte del poeta Ken Saro-Wiwa e di altri cinque attivisti.

«Penso che mio padre sarebbe felice di questo risultato», ha detto in un’intervista telefonica dalla sua abitazione di Londra il figlio dello scrittore Ken Saro-Wiwa Jr., 40 anni: «Il fatto che la Shell sia stata costretta a patteggiare per noi è una chiara vittoria».

Jenny Green, avvocato del Center for Constitutional Rights di New York che avviò la causa contro la Shell nel 1996 commenta: «Basta questo a riportare in vita i nostri assistiti? Certamente no ma è un messaggio chiaro a tutte le multinazionali che operano nei paesi in via di sviluppo: per fare affari non si possono più violare i diritti umani. Nessuna corporation può più contare sull’impunità. L’accordo di oggi è sostanzialmente un’assunzione di responsabilità».

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