Obama chiederà conto a Berlusconi dello show di Gheddafi. Russia, Iran, Afghanistan: gli Usa vogliono sapere a che gioco gioca l’Italia. Washington chiede a Roma un faccia a faccia “chiarificatore”

A Washington non hanno gradito, ma soprattutto non hanno, letteralmente, capito. Quando al Dipartimento di Stato e alla Casa Bianca hanno letto il testo delle dichiarazioni di Gheddafi, il commento, non ufficiale ma unanime è stato «Incredibile», “Pazzesco”. Non tanto e non solo il fatto che il leader libico abbia equiparato Reagan a Bin Laden, abbia spiegato che la democrazia è solo quella libica, abbia ironizzato sui diritti umani. Ciò che ha stupito fino all’incredulità l’amministrazione americana è che l’Italia si sia prestata con somma disponibilità e nessuna cautela a far da palcoscenico allo show del Colonnello. Nelle sedi istituzionali e politiche e perfino all’Università di Roma La Sapienza, con quel rettore, Luigi Frati, che null’altro ha trovato da dire e comunicare che la sua ammirazione per le amazzoni, mitigata solo dal fatto che “mia moglie è in sala”.

Ma se questo appartiene al folklore civile e culturale italico e quindi poco importa agli Usa, la scelta di far da platea e claque a Gheddafi ha indotto Obama ad una decisione netta: chiederà conto a Berlusconi, chiederà in un faccia a faccia diretto al premier italiano a che gioco gioca l’Italia in campo internazionale. Ecco l’elenco delle domande che Obama ha pronte per Berlusconi quando si vedranno lunedì 15 a Washington. Prima: che senso ha la ripetuta affermazione di voler “mediare” tra Usa e Russia? E poi anche tra Usa e Iran? È una ricerca di protagonismo o l’affermazione di una posizione equidistante? E, se è così, quale equidistanza?

Seconda: che peso va data all’affermazione di Berlusconi di non volere una società multietnica? In Italia questa frase non ha fatto molto rumore, ma in tutti i paesi dell’Occidente è di fatto impronunciabile da un capo di governo. Gli Usa devono archiviarla come voce dal sen fuggita o prenderne atto come linea effettiva di governo?

Terza: che peso va dato all’affermazione di Berlusconi di essere il leader più esperto del G8?

Quarta: le assicurazioni date da Gheddafi sui rifornimenti energetici all’Italia e i complimenti del leader libico, «fortunati voi italiani ad esser governati da Berlusconi, con la sinistra le imprese italiane farebbero meno affari in Libia», valevano la rinuncia ad esercitare qualunque accordo preventivo sulle dichiarazioni di Gheddafi in Italia? Contrariamente a quanto accade in diplomazia, Gheddafi ha avuto licenza di dire quel che voleva come voleva senza avvertire prima gli italiani, oppure gli italiani sapevano ed hanno acconsentito?

Quinta: dopo le elezioni in Afghanistan l’Italia ritirerà le truppe mandate di rinforzo?

Sesta: in che misura l’Italia appoggia davvero la politica ambientale di Obama?

Settima, ultima e riassuntiva domanda: «Dear Silvio, a che gioco giochi con l’amico Putin, il figliol prodigo Gheddafi e, soprattutto, ci fai o ci sei quando ti atteggi a fratello maggiore di Obama?».

Appuntamento nello Studio Ovale, tra le 16 e le 17 del 15 giugno, con la richiesta ferma e già fatta pervenire che le risposte non siano sorrisi e abbracci ma impegni e chiarimenti.

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