PAPA ALL’ONU: ”STENTI E VIOLAZIONI ALLE RADICI DEL TERRORISMO”

Papa_onu Davanti all’assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, in uno dei discorsi più solenni del suo pontificato, Benedetto XVI torna a chiedere al mondo di basare la propria azione politica sulla dignità umana e non sul pragmatismo e il relativismo, che variano coi tempi e con le maggioranze.

Il Papa parla quindi di una crisi delle Nazioni Unite, dovuta al fatto che solo pochi in realtà vi comandano, mentre è necessaria una diplomazia condivisa da tutti e che non lasci ai margini i paesi più poveri; chiede all’Onu di intervenire quando uno o più paesi non sono più in grado di proteggere le loro popolazioni da gravi violazioni dei diritti umani e osserva, in un chiaro riferimento alle radici del terrorismo, che quando la dignità umana è violata impunemente, le persone diventano «facile preda» dei richiami alla violenza e possono mettere in pericolo la pace; invoca infine una tutela della libertà religiosa in tutti i suoi aspetti, anche nella sfera politica.

Un discorso lungo e complesso, quello pronunciato poco dopo le 11:00 del mattino a New York (ora locale) da Ratzinger: dalla stessa tribuna da cui parlarono Paolo VI e Giovanni Paolo II, il Papa non ha paura di affrontare anche temi spigolosi, che possono urtare diverse sensibilità, a partire da quella critica allo strapotere dei pochi, che certamente riguarda anche un’America da lui così stimata. I tremila delegati, in rappresentanza di 192 paesi del mondo lo ascoltano con grande attenzione e accolgono con un applauso in piedi il suo intervento. In sala ci sono però anche alcune sedie vuote. Benedetto XVI parla prima in francese, poi in inglese, infine, in un gesto molto apprezzato, augura la pace in tutte le lingue ufficiali del Palazzo di Vetro: inglese, francese, spagnolo, ma anche arabo, cinese e russo.

Nell’intervento, il papa teologo segue un filo morale e etico, ed uno squisitamente politico. L’Onu «continua ad essere in crisi perchè è subordinata alle decisioni di pochi, mentre i problemi del mondo esigono, da parte della comunità internazionale, interventi sotto forma di azione comune», spiega il Pontefice. È evidente il riferimento al Consiglio di Sicurezza, l’organo che ha maggior potere nell’Onu e nel quale siedono cinque membri permamenti e dieci semipermanenti. «In effetti – osserva – le questioni della sicurezza, gli obiettivi dello sviluppo, la riduzione delle ineguaglianze a livello locale e mondiale, la protezione dell’ambiente, delle risorse e del clima, richiedono che tutti i responsabili della vita internazionale agiscano di concerto e siano pronti a lavorare in piena buona fede, nel rispetto del diritto, per promuovere la solidarietà nelle zone più fragili del pianeta».

«Le Nazioni Unite – ammonisce Benedetto XVI – hanno il diritto di intervenire se uno Stato non riesce a difendere i diritti umani della propria popolazione o salvaguardarla in caso di calamità naturali o crisi politiche. Tali azioni – sottolinea – non possono essere viste come «coercizioni ingiustificate» e come «una limitazione della sovranità nazionale». «Al contrario – ha ammonito – sono l’indifferenza o il non intervento a causare danni reali». La dignità dell’uomo, «creato ad immagine di Dio», deve essere al centro dell’azione della Comunità internazionale, ha ribadito il Papa. Di fronte alle nuove sfide del presente, avverte, sarebbe un errore adottare un «approccio pragmatico», cedendo ad un relativismo, secondo cui «il senso e l’interpretazione dei diritti» potrebbe variare e la loro universalità potrebbe essere negata «in nome di differenti concezioni culturali, politiche, sociali e persino religiose».

Ratzinger pronuncia infine un duro monito contro una ricerca scientifica che rischia di mettere in discussione «l’ordine della creazione», minacciando il «carattere sacro della vita» e arrivando a privare «la persona umana e la famiglia della loro identità naturale». Una piena libertà religiosa, deve dare «la dovuta considerazione alla pubblica dimensione della religione e alla possibilità dei credenti di svolgere il loro ruolo nel costruire l’ordine sociale».

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