FIRENZE – Un decreto che suona come una sentenza di condanna ''impropria'', pronunciata ''senza processo e senza mai ascoltare tutti i diretti interessati''. Cosi' in un articolo pubblicato sul sito di Toscana Oggi, il settimanale delle diocesi toscane, viene giudicata l'archiviazione dell'inchiesta su don Lelio Cantini, il sacerdote ridotto allo stato laicale. Una conclusione giudicata ''paradossale'' si legge nel commento, anche perche' ''la magistratura dello Stato, che non ha potuto condannare Cantini, pur riconoscendo la gravita' dei suoi atti, lancia allo stesso tempo accuse di 'inerzia' verso la Chiesa''. Sia nella richiesta sia nel decreto di archiviazione, si legge ancora ''non ci si limita a elencare gli elementi raccolti a carico di don Cantini'', ma ''si da' una lettura soggettiva (e parziale) di gran parte della vicenda''. Dopo aver ricordato che la Chiesa aveva aperto un processo canonico sull'ex parroco della Regina della Pace, arrivando a sentenze di condanna, e ricordando che nel 1992 la prima accusa presenta ''non era circostanziata'', si sottolinea poi come il pm inserisce ''una vicenda che riguarda incontri di carattere omosessuale. Una vicenda che, per sua stessa ammissione, e' ininfluente ai fini dell'inchiesta. E di fatto non c'entra niente''. Il riferimento e' a una persona che avrebbe parlato di incontri con sacerdoti tra i quali avrebbe riconosciuto monsignor Claudio Maniago. Come prova il pm porta ''un bonifico bancario: soldi che avrebbe avuto in cambio del silenzio''. ''Peccato che il pm si dimentichi di dire che il ros dei carabinieri abbia accertato che il bonifico non e' riconducibile in nessun modo a monsignor Maniago'', sul quale, conclude Toscana Oggi, presso la Congregazione della Dottrina delle Fede, ''non c'e' nessun fascicolo aperto''.