Psicologia: delitti d'impeto, incubo maschi e libertà per le donne

ROMA – Un raptus, un momento d'ira incontrollata che si traduce in omicidio e la vittima e' spesso la compagna o la moglie. E' la descrizione di tanti delitti familiari, dietro ai quali si nascondono uomini incapaci di elaborare la frustrazione dell'autonomia delle donne, fragili di fronte a separazioni e divorzi e, nei casi estremi padri pronti a sacrificare i propri figli, per distruggere il rapporto tra la madre e i suoi bambini.
E' un fenomeno che in Italia pesa piu' della criminalita' organizzata nel bilancio dei delitti volontari ed e' in crescita dal 2004, come misurato dall'ultimo rapporto Eures. Questa tipologia di delitti e' stata al centro del dibattito delle giornate Medico Legali, organizzate Societa' italiana di Medicina Legale, da cui sono emersi agganci con la cronaca, come per il caso di Matthias Schepp, il padre-rapitore delle gemelline, Alessia e Livia, sparite da oltre cinque mesi, dopo un viaggio insieme al papa' che si e' concluso con il suicidio dell'uomo e la scomparsa delle bambine.
''Il caso di Schepp e' l'esempio di una cattiva elaborazione della separazione – afferma all'Ansa Gilda Scardaccione, docente di psicologia dell'Universita' di Chieti-Pescara -. E' altamente probabile che quelle bambine siano morte''.
Il fatto di avere una compagna indipendente che arriva alla decisione di separarsi viene interpretato dall'uomo, ''come una violazione delle regole familiari''. Come nel caso di Francesco Manti, cinquantatreenne di Montebello Jonico, in provincia di Reggio Calabria, che nel 2008 ha freddato l'ex moglie a colpi di pistola davanti alla figlia di nove anni. O la vicenda di Antonio Farina, 50 anni di Salerno che ha ucciso l'ex moglie nel gennaio scorso, dopo l'ennesimo tentativo di riconciliazione andato a vuoto. Una separazione conflittuale e' stata anche il movente della strage familiare avvenuta in febbraio, nella periferia bolognese, dove Marcello Pistone, gia' arrestato per stalking, ha prima ucciso l'ex moglie e il bimbo con colpi d'arma da fuoco e poi si e' tolto la vita sparandosi.
In alcuni casi, e' un atteggiamento distorto vissuto come un sentimento ostile nei confronti del maschio, ''che arriva a sentirsi perseguitato. E si tratta di un'elaborazione che non risponde ad alcuna variabile sociale'', aggiunge la psicologa. Ne possono soffrire tutti, giovani, anziani, ricchi o meno abbienti e puo' costituire la base dei delitti d'impeto, ''quelli in cui, a differenza dei delitti passionali non c'e' premeditazione''. Nel 2009, gli omicidi familiari, categoria all'interno della quale si collocano i delitti d'impeto e quelli passionali sono stati 171 su un totale di 601.
''Il delitto d'impeto e' caratterizzato dalla violenza nella realizzazione – prosegue – ed e' prevalentemente determinato da emozioni''. Ma qui interviene un ostacolo per i periti legali, perche' ''e' difficile – ammette Scardacciano – diagnosticare un disturbo temporaneo'', anche se, secondo Isabella Merzagora Betsos, criminologa dell'universita' di Milano ''gli stati emotivi e passionali non escludono, ne' diminuiscono l'imputabilita'''. Secondo Scardacciano, il consumo di alcol e droghe puo' ''amplificare'' questo effetto e facilitare l'esplosione. I delitti familiari sono, per la maggior parte, commessi da uomini e hanno come vittime, nel 30% dei casi, la moglie o la convivente e questo, ''accade perche', sociologicamente – conclude Scardacciano – gli uomini sono meno abituati a controllare la loro aggressivita''.

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