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Roscioli ha aperto a New York, da Roma le paste più buone del mondo, carbonara, amatriciana, cacio e pepe

Roscioli ha aperto a New York. Il forno-ristorante-salumeria davanti al cui negozio nel cuore di Roma si formano ogni giorno code di cittadini e turisti, offre agli americani le cose buone e semplici della cucina romana.

Fa impressione il lungo articolo di Helen Rosner il settimanale New Yorker, bibbia per gli intellettuali americani e non solo. Il titolo fa già capire il tono: “Carbonara assassina, direttamente dalla fonte. L’avamposto newyorkese della leggendaria istituzione culinaria romana Roscioli offre una destinazione due in uno per vino italiano e pasta eccezionale”.

Riferisce Helen Rosner: “In una recente visita, la portata di apertura è stata la panzanella, i pomodori semi-arrostiti, per condensare il loro sapore in un ricordo delle dolcezze dionisiache di fine estate. Atterrò sul tavolo insieme con un mucchio di mortadella, tagliata a fette sottilissime, e un piatto con una massa lattiginosa di burrata, cosparsa di olio d’oliva dorato e tempestata di altri di quei pomodori concentrati”.
Altro peana: “Le paste romane presenti nel menu includono una versione superiore della carbonara [definita “irreale”] così come le altre paste sacre romane. All’amatriciana (con guanciale e pomodorini) è aspro e brillante. Cacio e pepe (cacio e pepe) viene salvato dalla prevedibilità e dall’adiacenza del maccherone e formaggio, con l’uso di tagliolini freschi ed elastici al posto dei più convenzionali noodles secchi”.

Nel menu, (“un ampio tour di classici romani e moderne creazioni romanesche”, ci sono  supplì ripieni di coda di bue (polpette fritte di riso arborio, simili agli arancini, tranne oblunghi, e provenienti da Roma piuttosto che dalla Sicilia); una forchettata di zucchine sottilissime fritte con la menta; un po’ di formaggio; un po’ di prosciutto”. 

“Incantevole” è definita una degustazione di tonni: crudos di pancetta e lombo, abbinati a due diverse versioni sott’olio, ciascuna forma di pesce esalta la preziosità di ogni altra”.

Altra estasi. “C’era qualcosa di ineffabile – non proprio un je ne sais quoi, più un non so che cosa – nell’eleganza disinvolta del posto”.

E per concludere: “Piatti come la tartare di agnello, con capperi fritti croccanti e una terrosa aioli di carciofi, o il baccalà fritto (merluzzo fresco), su un turbinio di crema ultra floreale di peperoni rossi, hanno la leggerezza facile e sexy di un pasto non programmato consumato tardi: pranzo a alle quattro, oppure la cena alle undici, troppi bicchieri di vino, un taxi per tornare a casa. È proprio come essere a Roma? Non potrei dirtelo. Ma è assolutamente come essere a New York”. 

 

 

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