L’uso dei numeri come valore assoluto al fine di sostenere la propria tesi è vecchio come il mondo. Di solito non siamo portati a fare paragoni, a confrontare i numeri, quali ci vengono proposti, con altri riferiti a situazioni analoghe ma diverse. E così il gioco è fatto.
A volte la suggestione data delle circostanze da cui nascono i numeri è talmente forte da non avere bisogno di suggeritori.
Per rendere il discorso, finora fumoso e astratto, un po’ più chiaro, prendiamo gli incidenti aerei o ferroviari: un morto in un caso del genere vale infiniti morti in circostanze “normali” della vita. Forse è un problema di quel che fa notizia in un certo momento. Così mentre l’aereo ha sempre esercitato un fascino indiscusso sui cronisti, mentre per il treno c’è un ritorno di fiamma, i morti in auto non valgono se non giustificano la “strage”.
Lo stesso vale per i criminali morti sparandosi tra loro. In molti queste notizie suscitano pensieri inconfessabili e poco corretti politicamente. Nei giornali provocano sempre titoli che sarebbero meglio riferiti a una strage di angeli.
L’effetto distorto dei numeri l’hanno appreso da tempo anche i terroristi: se andiamo a prendere i morti per terrorismo in un certo ambito (l’Irlanda del Nord, l’Italia degli anni di piombo) il numero totale è simile a quello delle morti verificatesi in circostanze del tutto casuali come gli incidenti d’auto o gli annegamenti per congestione. L’elemento di casualità non voluta né cercata, per cui la vittima è “innocente”, è elevato in tutti i casi. Anche se poi qui dobbiamo dirci che una società civile e moderna deve fare di tutto per impedire quella casualità, sia che il suo agente sia un pazzo che guida ubriaco sia che l’assassino sia un terrorista.
I terroristi hanno scoperto che un morto in un attentato ha un effetto devastante sull’opinione pubblica, mentre poi vediamo passare i carri funebri con indifferenza, magari girandoci dall’altra parte, al massimo liberandoci con un segno della croce o gli scongiuri. L’eccezione è data dall’11 settembre e le Torri gemelle, che misero assieme quantità, spettacolarità e risonanza: ma quello fu un caso talmente furoi dalla norma che ne derivarono una recessione economica mondiale e una guerra.
Non sfugge a questa regola l’uso a fini terroristici del numero dei morti che avrebbe provocato la pillola RU 486. A leggere il numero, scoperto e “lanciato” dalla commissione sanità, si può pensare a una strage: 29 persone. Poi lo si mette in prospettiva: dieci anni e il quadro cambia un po’. Arriva un blog, Spinoza.it e sdrammatizza: “Quasi quanto i casi di soffocamento da Big Babol”.
Un ulteriore termine di confronto: a Torvajanica, località balneare popolare a sud di Roma, dall’inizio della stagione, tra annegamenti, congestioni da bevande gelate e bagno in mare troppo presto, ne sono morti già 12. Se la commissione sanità se ne occupasse, proporrrebbe la proibizione dei bagni e imporrebbe le bevande solo a temperatura ambiente.