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Sangiuliano vuol tagliare i contributi ai cinematografari, acque agitate nei salotti ma gli spettatori sono in calo

Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura: vuole tagliare i contributi ai film e la “casta” (definizione sua) dei cinematografari italiani  l’ha “messo in croce” (sempre parole sue).

Ha precisato:”Voglio tagliare gli sprechi nel cinema e sono stato crocifisso da una casta molto ricca perché ho detto che ci sono film che ricevono milioni di contributi e sono visti da pochissimi”.

Era già successo, in circostanze analoghe, nel 2009. Allora la polemica scoppiò tra Michele Pladido e Renato Brunetta.

Anche questa volta, 14 anni dopo, apriti cielo!  I migliori fichi del bigoncio sono insorti. Hanno trovato nella Politica appoggi  insperati. Due su tutti: Elly Schlein e Matteo Renzi. La segretaria del Pd ha colto al volo l’assist criticando l’intenzione del ministro perché la sua promessa rasoiata “è una scelta senza precedenti”. L’ex premier toscano  si è detto d’accordo con Elly, una volta tanto. Per il leader di Italia Viva la sforbiciata è  addirittura “una scelta allucinante”.  Detto questo, dati i tempi micragni, due o tre cose vanno pur dette.

1) COMPENSI MILIONARI DA RIVEDERE
Filtrano al riguardo alcune cifre roboanti: a Gabriele Muccino 2,2 milioni per “A casa tutti bene”, un film drammatico/romantico di un’ora e mezzo che ha avuto pure un credito di imposta di 2,1 milioni. A Paolo Genovese 1,4 milioni per “I leoni di Sicilia “ con 8,7 milioni dallo Stato. Le scene sono state girate a Palermo, Marsala, Favignana, Trapani.

E ci fermiamo qui. L’elenco è piuttosto corposo. Domanda: siccome questi film (non memorabili) sono pagati coi nostri soldi, è lecito saperne di più? Non possono essere rivisti?

2) COSTI ALTI, INCASSI MINIMI
Ci sono film costati milioni e che hanno venduto “29 biglietti “. Meglio non far nomi.  Due film di Francesco Cinquemani sono costati una ventina di milioni (complessivamente) ed hanno incassato 13 mila euro.

Qualcosa non torna. I conti, anzitutto. I biforcuti dicono che questo “baraccone parastatale“,  vezzeggiato da stampa amica, è “un santuario del potere”.  Esagerazioni? Difficile che il cosiddetto baraccone rinunci tanto facilmente alle ghiotte prebende.

Al massimo potrebbero accettare una limatina alle loro quote.  Dicono. Niente di più.  Nei salotti del cinema sono ore di scompiglio.  Probabile che la vicenda finisca con un bel compromesso. Un pietoso accordo con reciproche concessioni. Insomma un accomodamento all’italiana. Ciak, si gira.

3) BASTA CON I PRIVILEGI ASSISTENZIALISTI
Anche lorsignori  delle pellicole devono accettare uno dei principi  base della economia: un prodotto per restare sul mercato deve avere degli acquirenti. Un film deve avere spettatori. Per carità: “con poco si vive ma con  niente si muore”, come diceva il moto contadino  “La boje” –  cioè bolle in pentola – che animò la celebre rivolta dei braccianti a fine Ottocento nelle campagne del Nord. È bene ricordarlo.

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