Quattordici euro per ogni tonnellata di anidride carbonica immessa nell’atmosfera. Il presidente francese Nicolas Sarkozy, sull’ambiente fa sul serio e, per bocca del primo ministro Francois Fillon annuncia l’entrata in vigore, dal 2010 di una “carbon tax” sulle emissioni.
«All’inizio partiremo dal prezzo della tonnellata sul mercato, cioè 14 euro – ha detto Fillon – e, in seguito metteremo in campo una commissione indipendente incaricata di misurare gli effetti della politica messa in opera e di proporre dei correttivi».
Una tassa, chiamata anche “contribution climat-energie” (Cce) che non verrà applicata uniformemente in tutta la Francia: i territori rurali, quelli con alti tassi di disoccupazione e meno sviluppati beneficeranno di misure diverse, decise caso per caso.
Ma Sarkozy non ha intenzione di limitare l’iniziativa al solo livello nazionale ed ha già annunciato di voler proporre formalmente all’Unione Europea l’introduzione della carbon tax a livello comunitario.
Il presidente francese non è nuovo a proposte del genere: già due anni fa, infatti, aveva invocato l’istituzione di un’imposta sulle emissioni a carico delle importazioni provenienti da paesi che avevano rifiutato la ratifica del protocollo di Kyoto.
Ad ogni modo, prima di tutto Sarkozy si trova a dover superare delle fortissime resistenze interne. Ai francesi, infatti, la carbon tax non va giù. In un recente sondaggio, infatti, il 74% dei transalpini si è detto contrario alla tassa proprio perché «penalizza quelle persone che sono obbligate a prendere l’automobile tutti i giorni».
E il presidente temporeggia: dopo l’ennesimo incontro tra i ministri di venerdì 4 settembre, manca ancora l’annuncio ufficiale. Probabilmente, all0 studio dell’esecutivo di Parigi, c’è proprio un modo per ammorbidire la tassa ambientalista almeno per i cittadini più poveri.