Savonarola (il personaggio storico ci perdoni la semplificazione) era meno pignolo ma altrettanto pervasivo. Pervasivo nel bisogno di controllo dell’agire sociale e delle sociali relazioni. Perché Savonarola individuava, non certo unico e solo nella storia, nelle relazioni tra umani il terreno di coltura e sviluppo, attuazione e incarnazione del peccato, del peccare. E quindi le relative rovine etiche e sociali. Savonarola dunque quando si fece governo si dedicò a prescrivere, prescrivere, prescrivere…Quel che era corretto e lecito e quel che invece non lo era. E quel che era spia di tentazione-dedizione-perdizione verso l’impuro e il peccaminoso. L’altro giorno in molte e successive redazioni di quotidiani si è manifestato in titoli, foto, testi e spirito ispiratore un Savonarola…progressista.
Donna seminuda?
Partiamo da qui, dalla definizione che gli articolisti danno della foto-manifesto: “donna seminuda”. Seminuda? Non lo è seminuda, definirla così serve alla coerenza di un racconto che semi ideologico non è, è tutto interamente ideologico. Attenzione: donna non solo “seminuda” ma anche “stupenda” nei testi delle cronache. Che cosa dà più scandalo secondo il Savonarola capo redattore, il “seminuda” o lo “stupenda”, visto che entrambe le qualità vengono additate come prove indiziarie del peccato e del peccare? Più probabilmente lo “stupenda” è quel che ferisce inconsapevolmente ma profondamente chi redige il testo.
Stupenda è ancora più politicamente scorretto di seminuda, seminuda è una condizione transeunte, di cui si può fare ammenda e pentimento. Ma stupenda è condizione permanente di affronto verso gli esclusi dalla categoria e certamente non inclusiva, una donna “stupenda” è, secondo il savonarolismo progressista, sessismo manifesto, conclamato, esibito. Tanto più se seminuda. Racconto ideologico si diceva, ma quale ideologia? Ideologia sessuofoba. Sessuofoba finora quasi a sua insaputa. Ma ora la sessuofobia progressista sta cominciando a fare coming out. Ad esempio la storia dei tacchi.
Bacco, tabacco e venere…
Riducono l’uomo in cenere recitava il proverbio della saggezza proibizionista. Vasto giro di cultura, usi e costumi nei decenni e vasto ritorno più o meno là, proprio là, a bacco, tabacco e Venere…In Veneto una serata privata a base di degustazione di vini viene pubblicizzata corredata di manifesto (quello di cui sopra) e di indicazione su come vestirsi. Niente meno che “abito elegante” per gli uomini e tacchi (sette centimetri) per le donne. L’iniziativa si chiama Bollicine in villa. La polizia a tutela della corretta morale progressista è vigile, occhiuta, severa. Coglie la flagranza di sessismo in quell’invito ai tacchi e per di più alti. Chi non vede in quei tacchi l’umiliazione della donna, la sua riduzione a oggetto, la sua spersonalizzazione sistematica, senza parlare dell’evidente feticismo schiavizzante?
Quindi sdegno e condanna: un manifesto con donna “stupenda” e “seminuda” (anche se tale solo agli occhi di chi guarda) e invito a portare tacchi alti è sfacciato, spudorato, conclamato sessismo. Da condannare, bandire, bollare come peccato. Tanto più che c’è anche il vino ad esaltare le allusioni al sesso. Allusioni che non ci sono ma ci potrebbero essere: cosa mai sono i tacchi se non tentazioni, allusioni di sesso? E per i Savonarola in redazione e ormai a spasso e in ronda per la società il peggior sessismo è…il sesso! Il cerchio va a chiudersi e nel più triste dei modi: per secoli l’istanza culturale e politica definibile progressista è stata contigua e intrecciata con varie fasi e tipologie di emancipazione sessuale e perfino con il libertinismo. E’ stata la cultura progressista a pretendere, imporre e stabilire finalmente che omosessualità non è devianza o peccato e che il sesso non è l’anticamera della perdizione e che la donna non è parte impura dell’umanità venuta in terra a tentazione mostrare…Sono stati lunghi e appena trascorsi i secoli in cui le religioni monoteistiche predicavano e imponevano come regola di vita e pensiero, addirittura di salvezza, la sessuofobia. Il cristianesimo ne è appena uscito, anche se sessuofobia riappare potente nelle chiese evangeliche.
L’Islam è tutto dentro la sessuofobia, l’ebraismo ortodosso non la disdegna. Il pensiero laico, illuminista, progressista sessuofobo non era, o almeno tentava di non esserlo. Oggi, qui e adesso, il progressismo che di questa bandiera si ammanta ha una sua sessuofobia di cui si compiace. In particolare e nello specifico il sesso che urta, disturba, dà scandalo è quello etero sessuale.
Sanremo: ola ai fluidi. Tacchi per donne? Gusti “particolari”
E’ interessante e istruttiva, lampante si può dire, la semantica della informazione/comunicazione progressista. Articoli, commenti, interviste, umori, senso comune dei racconti su Sanremo Festival erano appena ieri concordi nel salutare la salutare normalità esibita del fluido, del fluidismo sessuale. Normale, che problema c’è? Alla sessualità fluida o comunque non eterosessuale l’informazione/comunicazione/ideologia progressista accoppia e rivendica il concetto di normalità. Ma se ci sono tacchi sette centimetri la stessa informazione/comunicazione/ideologia parlano di gusti “particolari”.
Il progressismo in materia di sesso si va facendo, si è fatto religione. Con i suoi precetti e liturgie. E con una sorta di monoteismo in fieri: l’unico dio è quello non eterosessuale. Al sesso eterosessuale va riservata e conservata la parte in teologia del diavolo. Il campo largo, metafora della politica, va definendosi in materia e ambito di rapporto tra i sessi e di sesso tra umani: senza confini quando il sesso non è eterosessuale, sotto tutela, controllo e precetto comportamentali quando è sesso eterosessuale. Sotto la denuncia di sessismo da parte del progressismo c’è sempre più spesso a muoverla e motivarla una sessuofobia mirata e specifica, quella verso il sesso eterosessuale.
Ma di polizie morali ce ne sono due
Quella sedicente progressista sta diventando intollerabile ma di polizie morali ce ne sono due: quella misogina, omofoba e machista (spesso per millantato credito) non ha certo smesso di operare. Quella della “famiglia tradizionale” portata in processione e ostensione da chi famiglie tradizionali ha rotto, quella dei bravi padri di famiglia che vanno a prostitute e trans, quella del sesso senza procreazione è in fondo un vizio. Questa polizia che è governo e Stato in troppe parti del mondo trova, ha la sua rete di caserme anche qui da noi, qui e ora. Sta annidata, incistata nella spuma di propaganda ma anche nel pensare profondo dei partiti, degli ambienti, dell’habitat sociale e culturale di forze, partiti, ambienti tradizionalisti e conservatori. Una polizia che, se lasciata libera di agire, soffoca chi incontra.
Ma, poiché al peggio non c’è davvero mai fine, ad essa si è aggiunto altro e parallelo bigottismo, altra polizia di usi e costumi che asfissia, scomunica, mette all’indice chi indulge e pecca di sesso non “politicamente corretto”. Fluido è bello e libertà, bollicine in villa con tacco 7 è sconcio e laido. Così detta Savonarola, che è non solo in redazione purtroppo ma anche nel corpo e nell’animo di quella che fino a non molto tempo fa era la sinistra della liberazione sessuale. Liberazione di uomini e donne, al pari di gay o lesbo. Prima di diventare, compiaciuta dell’esserlo diventata, una federazione di identità sessuali. Tutte pari tra loro, tranne una. Una di cui diffidare: quella eterosessuale.