La sfida tra Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia e Presidente del Consiglio dei ministri e Elly Schlein, Segretaria del Partito Democratico, dopo lunghe incertezze, avrà luogo il 23 maggio nel “salotto buono” della politica italiana, nello studio di “Porta a Porta”, moderatore e garante Bruno Vespa.
Cosa dobbiamo attenderci da questo confronto tra Giorgia Meloni, leader di una maggioranza formata da partiti che hanno diversa storia, ideali di riferimento e consistenza numerica in Parlamento, nelle regioni e negli enti locali, ed Elly Schlein a capo del massimo partito di opposizione, diviso al suo interno e legato in modo problematico a gruppuscoli di vario orientamento, solo semplificando definiti “di sinistra”? si chiede Salvatore Sfrecola nel suo blog Un Sogno italiano.
È evidente che le contendenti mirano ad un risultato positivo, d’immagine e, quindi, a veder accresciuto il consenso, l’on. Meloni preoccupata per alcune tensioni nella maggioranza, evidenti nello scambio di battute tra Giorgetti, Ministro dell’economia, ed Antonio Tajani, Vicepresidente del Consiglio e Ministro degli esteri, a proposito delle modifiche, con effetto retroattivo, al regime del Superbonus in edilizia preannunciate dal ministro leghista.
Mentre l’on. Schlein punta ad un riscontro positivo nell’opinione pubblica dalla sua battaglia contro il premierato e l’autonomia differenziata in modo da rafforzare la sua posizione nel partito. Entrambe mirano a recuperare voti dalla fascia dell’assenteismo, tradizionalmente maggiore nelle elezioni europee rispetto alla media registrata nelle elezioni legislative e per il rinnovo dei consigli regionali e comunali.
Il fatto è che l’Europa sembra sempre più lontana dal cuore degli italiani e non farà certamente cambiare agli assenteisti una campagna elettorale improntata essenzialmente a tematiche di politica interna. Unico riferimento all’Europa è quello di cambiarla, ripete l’On. Meloni. Ipotesi francamente azzardata ma di sicuro effetto.
C’è, dunque, da scommettere che, anche nel faccia a faccia del 23 maggio terranno banco le riforme proposte dal governo, condivise solo formalmente, pro bono Pacis, da Forza Italia e Lega. Infatti, le riforme costituzionali, dal “premierato” alla Giustizia, non sono entusiasticamente condivise da tutti. Tanto che nel dibattito, anche giornalistico, tutti danno per certo un referendum dall’esito incerto, come hanno dimostrato le precedenti esperienze di Berlusconi nel 2006 e di Renzi nel 2016.
La Costituzione è certamente modificabile ma, come ha detto nei giorni scorsi il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il testo vigente è stato ampiamente condiviso in sede di Assemblea costituente per cui l’invito alle forze politiche ad evitare riforme parziali, capaci di alterare l’impianto complessivo della Carta. Chi ha orecchie per intendere, intenda!
Saranno certamente questi gli argomenti del confronto tra Meloni e Schlein con un contorno di riferimenti a promesse mantenute, da parte della Presidente del Consiglio che la leader del Partito Democratico definirà certamente “occasioni mancate”. L’aspettativa è comunque grande per il diverso modo di argomentare delle due donne ed è difficile dire quale ascolto potranno ottenere dal pubblico.
Meloni ha dalla sua la posizione istituzionale che le consentirà di esibire i successi realizzati o in fieri, la Schlein si farà portavoce delle doglianze delle categorie svantaggiate che non sono in grado di apprezzare i vari bonus dagli effetti incerti, perché spesso annullati dal prelievo fiscale. Anche la farraginosità delle norme che disciplinano gli adempimenti delle amministrazioni, che non sono state scalfite, come sarebbe stato necessario, sarà imputata al governo.
È certo, dunque, che il confronto vedrà prevalere, sia pure ai punti, la Presidente del Consiglio che offre l’immagine decisa della guida di una maggioranza, sia pure diversificata ma certamente coesa nella gestione del potere. La Schlein, invece, dovrà ridimensionare l’immagine di un partito ampiamente diviso al suo interno e dagli incerti rapporti con le frange esterne.
Eppure, ritiene, sulla base delle indicazioni fornite da recenti sondaggi, di poter accrescere i consensi in conseguenza della sua difesa dell’attuale Costituzione, della contrarietà all’autonomia differenziata e alla separazione delle carriere tra Giudici e Pubblici ministri.
E così ha previsto una manifestazione il 2 giugno contro le riforme proposte dal Governo, decisione subito criticata perché quella festa “è di tutti” e la manifestazione del PD, invece, è fortemente divisiva. Come, del resto, fu il 2 giugno 1946, quando la Monarchia, che pure era stata accusata di aver favorito il successo del Fascismo, di non aver impedito una guerra disastrosa, e di non aver saputo gestire il dopo armistizio, ebbe oltre 10 milioni di voti.
Infine, Giorgia Meloni sa parlare agli italiani di valori nazionali, di difesa di un sentimento di appartenenza ampiamente condiviso, come dimostra il successo del libro del Generale Vannacci. La sinistra, invece, non riesce ancora a parlare di Patria, a difendere l’identità italiana e trascura di individuare come affrontare il gravissimo deficit delle nascite che fa temere, in una prospettiva di non molti decenni, addirittura la sparizione dell’homo italicus.
Non che la maggioranza dimostri di fare di più e meglio, ma almeno ne parla e propone, tanto che il ministro Eugenia Roccella, responsabile delle politiche familiari, invitata ad intervenire alla riunione degli Stati generali della natalità, è stata costretta a rinunciare a parlare a causa della protesta rumorosa e violenta di un gruppuscolo di giovani che forse del tema famiglia hanno una visione limitata e certamente non prospettica, ma sono lì, nelle vie di Roma, a manifestare perché qualcuno li ha indirizzati.
La Schlein non ha colto l’occasione per difendere il diritto di manifestazione del pensiero, un valore che la sinistra difende sempre, a parole, tranne quando teme di perdere il consenso anche solamente di qualcuno degli elettori di quel magmatico coacervo di desideri non sorretti da una panoplia di valori civili e spirituali nei quali la maggioranza degli italiani crede intimamente, anche quando trascura di esternarli.