Siria, ancora proteste e morti: il governo promette dialogo

BEIRUT 13 MAG Migliaia di sir – BEIRUT, 13 MAG – Migliaia di siriani di oltre venti localita' del Paese sono tornati in piazza nel nono venerdi' consecutivo di mobilitazione anti-regime nonostante la prolungata campagna di arresti e il dispiegamento massiccio di militari e agenti delle forze di sicurezza. Il governo ha dal canto suo assicurato che nei prossimi giorni sara' avviato un ''dialogo nazionale globale'', mentre e attivisti riferiscono dell'uccisione oggi di almeno sei dimostranti in tre diverse citta'. Secondo testimoni oculari e fonti non confermate, due persone sono state uccise a Homs, nel centro della Siria, altre due a Hara, villaggio nella regione meridionale di Daraa, e un'altra a Qabun, quartiere nella parte nord-est di Damasco. Per contrastare la versione dei media governativi, secondo cui la Siria sarebbe vittima di ''bande di terroristi armati'', responsabili ''dell'uccisione di 120 tra militari e poliziotti'', e dalla manipolazione dei media stranieri che diffonderebbero video amatoriali falsi, i dimostranti hanno oggi sfilato con striscioni e cartelli con su scritte la data e il luogo del corteo, e con frasi tese a smentire la presenza nelle citta' di ''gruppi armati'' e a denunciare invece i ''crimini commessi dagli shabbiha'', le squadre di lealisti alawiti delle montagne. Secondo attivisti, al termine della tradizionale preghiera comunitaria musulmana a migliaia sono scesi in strada nel nord-est curdo, nelle citta' settentrionali di Raqqa e di Idlib (qui un corteo insolito di motociclette ha tentato di raggiungere la vicina Maarrat an Numan) e nel sobborgo di Manbaji, nei pressi di Aleppo, seconda citta' del Paese. Manifestanti in piazza anche nell'estremo est al confine con l'Iraq, ad Albukamal, e nel capoluogo della regione dell'Eufrate, Deir az Zor. Cortei si sono registrati – sempre stando alle testimonianze non conformabili sul posto – a Tall Kalakh, villaggio poco lontano dal confine col Libano. Da qui, secondo alcuni media libanesi, circa 50 famiglie siriane hanno oggi varcato illegalmente la frontiera ''in fuga dalla repressione dei militari di Damasco''. A Homs – trasformata, secondo attivisti, in una ''caserma militare a cielo aperto'' come Banias e Daraa – i manifestanti hanno scandito slogan espliciti contro Maher al Assad, il fratello minore del rai's e capo, tra l'altro, della Guardia repubblicana: Ya Maher, ya Amil! Ya Habib Isra'il!'' (Maher, collaborazionista! Amato da Israele!), mentre a Hama, roccaforte dell'Islam sunnita, un corteo di donne ha intonato piu' volte il nome di Dio. Anche Damasco, dove i quartieri centrali sono stati nuovamente sigillati dalle forze di sicurezza per evitare che le manifestazioni potessero raggiungere il cuore cittadino, e' stata teatro di alcuni cortei. Uno, inedito, e' stato avvistato tra il quartiere di Muhajirin e quello esclusivo di Malki, dove si trova la residenza privata del presidente Bashar al Assad, nella parte nord della citta'. Altre manifestazioni a cui avrebbero partecipato decine di migliaia di persone si sono avute nei quartieri di Qabun e Hay Zahra, e nei sobborghi di Kiswe, Barze, Sabqa, Tell e Daraya. In serata, il ministro dell'informazione ha annunciato che a giorni sara' avviato ''nelle diverse regioni un dialogo nazionale globale'', che da oggi l'esercito ha iniziato a ritirarsi da Banias e che il ridispiegamento prosegue anche nella regione di Daraa. Citati da attivisti che trasmettono sui social network, i residenti di entrambe le localita' affermano che a Banias ''i carri armati mantengono le posizioni'', che a Daraa ''i cecchini rimangono sui tetti'' e che ''e' di fatto impossibile uscire dalle case''. Nel fare l'elenco dei militari e dei poliziotti uccisi da meta' marzo ad oggi, il ministro siriano non ha pero' menzionato le vittime civili. L'Alto commissariato Onu per i diritti umani ha invece fatto sapere oggi di avere liste di nomi e cognomi di circa 850 civili uccisi dall'inizio della repressione.

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