Sky-Auditel/ Attacco di Mockridge: Rai e Mediaset la fanno da padroni

La seconda giornata del convegno romano  sulla pubblicità, intitolato ”Tutto cambia. Cambiamo tutto?”,  è stata caratterizzata dall’attacco portato dall’amministratore delegato di Sky Italia, Tom Mockridge, all’assetto proprietario di Auditel.

«Non è possibile avere una performance dei programmi televisivi – ha detto l’ad di Sky – finché la società di rilevazione è controllata al 60% da Rai e Mediaset, che ne controllano le decisioni attraverso il Cda: è un assetto, quello di Auditel, che riflette il mercato com’era 15 anni fa. Le emittenti tv, tutte, dovrebbero scendere sotto al 50% del capitale, lasciando la maggioranza ad altri soggetti. Nel Cda potrebbero entrare consiglieri indipendenti, come avviene in altri grandi mercati».

Poi, il futuro prossimo (o il presente non ancora assimilato), la comunicazione deve cambiare il proprio rapporto con i consumatori, approfittando della crisi economica. Google e Microsoft sono nate in un momento di crisi e recessione, commenta Reid Hoffmann, presidente e amministratore delegato di LinkedIn, che ha raggiunto fuori dagli Usa 37 milioni di utenti e ne aggiunge, a livello globale, un milione in più ogni 17 giorni.

Tutto questo, a patto di non puntare solo sulla riduzione dei costi e dei prezzi, a scapito degli investimenti sulla marca, sulla comunicazione e sulla ricerca (esemplari i casi di imprese come Illy e Geox).

Quest’ultima, a patto di riuscirci, deve diventare orizzontale e non più verticale, personalizzata e non più di massa, basata sul dialogo, sulla responsabilità, sulla trasparenza. E sulla disponibilità a essere cambiata, modificata, riutilizzata dal popolo della Rete.

Un assetto più equilibrato della pubblicità renderebbe i media italiani più attraenti per le imprese italiane e multinazionali: diversi interventi, come quello della Procter&Gamble o quello della Nestlè, hanno messo in rilievo come l’affollamento televisivo renda necessario effettuare campagne pubblicitarie con rilevanti frequenze degli spot in onda e quindi più costose di quelle analoghe in altri sistemi europei anche se il prezzo di uno spot in Italia è tra i più bassi in Europa (ma è in crescita negli ultimi anni).

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