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Spia e agente dell’FBI, Robert Hanssen è morto in carcere a 79 anni, fino al 2001 passò ai russi segreti degli Usa

Era una spia e anche agente dell’FBI, ha passato in carcere gli ultimi 20 anni, è morto in isolamento a 79 anni di età: lo hanno definito “il peggiore disastro della intelligence Usa”.

Robert Hanssen, agente dell’FBI e spia per oltre vent’anni del KGB e dei suoi successori, è morto in isolamento a 79 anni nel penitenziario di massima sicurezza SuperMax in Colorado.

Definito dallo stesso FBI “il peggior edisastro dell’intelligence degli ultimi decenni”, Hanssen era stato arrestato a Washington nel 2001.

Al momento dell’arresto aveva accolto gli agenti con una frase sprezzante: “Perché ci avete messo tanto?”, un approccio, questo, che aveva fatto capire molte cose dell’uomo, convinto di essere più intelligente di molti suoi colleghi.

Dall’indagine successiva all’arresto sono emersi i tratti caratteristici di un uomo che non attirava attenzioni su di sé. Non beveva, non giocava d’azzardo, non aveva problemi di droga e si dichiarava un anticomunista convinto. Uomo cupo, definito un fanatico religioso, si scoprì che era ossessionato dalla letteratura spionistica. Aveva un mito, il traditore britannico Kim Philby, agente dell’MI6, per anni al servizio del KGB e colpevole della morte di decine di agenti inglesi prima di disertare e rifugiarsi in URSS.

L’FBI sostiene che mancate promozioni all’interno dell’intelligence possano aver fatto da detonatore alla sua decisione di tradire, anche se durante il processo scrisse una lettera nella quale affermava che già a 14 anni aveva deciso di tradire il suo Paese.

Negli anni aveva aperto un conto in Svizzera sul quale affluirono milioni di dollari.

Hanssen ha venduto migliaia di segreti americani che riguardavano le strategie nucleari degli USA in caso di guerra, gli studi tecnologici, le applicazioni alle armi militari. E denunciato agenti sovietici che operavano dall’interno dell’URSS a favore dell’America, condannandoli così a morte. Lasciava il materiale sia digitale che cartaceo sotto un ponte in un parco della Virginia suburbana.

Un’attività, quella di Hanssen, che ha coperto tre periodi complessi della storia delle relazioni tra USA, URSS e successivamente Russia, riuscendo a celare alla stessa Unione Sovietica per molto tempo la sua vera identità. Sono alcuni anni della Guerra fredda, dell’era di Mikhail Gorbaciov che cercò di salvare il sistema comunista in crisi riformandolo e infine del periodo successivo alla disgregazione dell’URSS.

Ventidue anni in cui il KGB e i suoi successori hanno avuto regolari informazioni da Hanssen sui segreti più nascosti dell’America e probabilmente Washington ha capito che anche l’era di Putin entrava di diritto in una nuova fase della guerra fredda, mai in realtà conclusasi.

David Vise, autore del libro “The Bureau and the Mole”, descrive la grande capacità dello spionaggio sovietico di manipolare Hanssen con attenzioni, adulazioni e ricompense con svariati milioni di dollari e diamanti, al punto che portò la spia a credersi invincibile perché non solo stava ingannando l’intelligence statunitense ma era anche capace di condizionare e poi denunciare le agenzie clandestine di Mosca.

 

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