Strage di Bologna/ Duetto Capezzone-Fioravanti: “No al dogma della strage fascista”. “Ora si può ragionare sul processo, ora c’è spazio”

Un duetto, quanto volontario oppure casuale non è dato sapere. Un duetto tra Daniele Capezzone, portavoce del Pdl e Valerio Fioravanti condannato per la strage di Bologna. Il primo ha chiesto una revisione “politica” del “dogma della strage fascista”. Il secondo ha avanzato l’ipotesi di una revisione giudiziaria di quella che è la verità processuale: appunto la strage fascista alla stazione. Accompagnando la sua richiesta da una valutazione sulla finestra di opportunità per un terzo revisionismo, quello della storia d’Italia. “Ora c’è spazio” ha detto Fioravanti appena riconquistata la libertà.

Ha finito di scontare la pena Valerio Fioravanti, chiede di ragionare sul processo della strage di Bologna per cercare la sua verità storica. Oggi parla da uomo libero e ribadisce quanto ha sempre sostenuto anche negli anni trascorsi in carcere, dopo essere stato giudicato colpevole per la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Su quanto accadde quella mattina, dice Valerio Fioravanti: «ci sono spazi per lavorare, ma lo devono fare persone più titolate di me. Persone competenti ed anche neutrali, visto che io sono parte in causa».

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Daniele Capezzone ha detto: «Un ceto politico coraggioso e una stampa capace di una ricerca libera e non scontata potrebbero con serenità aiutare tutti, indipendentemente dalle sensibilità culturali e dalle appartenenze politiche, ad andare oltre il pregiudizio sulla strage di Bologna. La versione ricostruita nelle sentenze lascia perplessità pesanti, e a mio avviso giustificate, in molti di noi. Il “dogma” della strage fascista sembra piuttosto un assunto ideologico, comodo per tanti: ma non sembra certo una verità convincente».

Queste le parole di Fioravanti pronunciate a suo tempo: «Sono un cittadino con un passato particolare ma un cittadino come tutti, che vuole che sia appurata la verità. Non chiedo la grazia, come Sofri, nè altri eventuali vantaggi giudiziari, non ne ho bisogno, ma chiedo di ragionare sul processo. Il mio certificato penale è composto da 27 pagine, mezza pagina riguarda Bologna. Io non nego nulla delle 26 pagine e mezzo. Ma quella mezza pagina non mi appartiene, nè a me nè a Francesca. È una richiesta che facciamo con garbo. Non facciamo le vittime. Non ci è poi andata male nella vita, soprattutto ora che abbiamo una figlia. Ma il punto è: ora che nessuno paga più sulla propria pelle, nessuno tranne i parenti delle vittime, vogliamo o no parlare con serenità di quanto è avvenuto? È indubbio che tante cose nel processo non tornano. Perchè, ad un esempio, una giuria popolare, al secondo grado del processo, ci ha assolti? Ed un’ altra giuria popolare ha assolto anche Ciavardini. Poi, invece, una parte della magistratura con ragionamenti strettamente giurisprudenziali ha invertito le decisioni della gente comune».

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