Dice che poteva avere una trentina di anni. Dunque un giovane, non un anziano dal passo incerto e neanche una donna dalla corporatura minuta. Dice che stava nello scompartimento dove sono entrati in successione quei due. La ragazza di 21 anni chiaramente spaventata, evidentemente inseguita dall’altro, dall’uomo che già la mette all’angolo. Dice che gli occhi della ragazza e quelli del trentenne che stava nello scompartimento si sono incrociati. Dice che lui, il trentenne, ha capito. Non è che non ha capito. Ha proprio capito quel che era la situazione, quel che stava forse per accadere, quel che la ragazza voleva. E cioè aiuto. E quello che voleva l’altro uomo. E cioè lo stupro. Dice che si è scansato, sfilato, letteralmente ha scelto di sgusciare via dallo scompartimento proprio perché aveva capito. Dice che ha applicato per istinto e scelta una comportamentale equazione: c’è uno stupro e io mi scanso.
Stupro: paura, viltà, prudenza..?
C’è chi dice possa aver fatto così per comprensibile paura che diventa emozione dominante e urgente, incontenibile. Chi dice così dice anche: perché, tu cosa avresti fatto al posto suo? C’è chi dice abbia scelto di far così per viltà. Viltà, vigliaccheria umana e civile. Insomma un cacasotto atterrito alla sola possibilità di farsi male e del tutto insensibile e disinteressato anche all’idea di premiare se stesso con un gesto di cui ricordarsi con orgoglio. C’è chi dice sia stata prudenza, che sia stato in fondo e al fondo prudente il trentenne che si è…dato. Prudente e accorto e coerente e zelante nel praticare il comandamento sociale numero uno oggi vigente e che gode della massima devozione: il comandamento del “Prima Io”. Una domanda, un dubbio. Di cui è meglio non conoscere la risposta e la soluzione: l’andato via dallo scompartimento dove si avviava uno stupro, uno di noi?