TIBET: DIALOGO CON LA CINA, GOVERNO IN ESILIO FRENA

Dalai_lama_mano Il governo tibetano in esilio ha espresso perplessità su un’offerta di dialogo lanciata dalle autorità cinesi, che ieri avevano fatto sapere di esser pronte a incontrare un rappresentante del Dalai Lama. Secondo Samdhong Rimpoche, primo ministro dell’esecutivo con sede nel nord dell’India, «le circostanze attuali in Tibet non sembrano essere una base appropriata per un dialogo significativo».

La disponibilità espressa dalle autorità cinesi era stata accolta in modo positivo dal diretto interessato, il Dalai Lama. Un portavoce del leader buddista aveva infatti parlato di «un passo nella giusta direzione». La Repubblica popolare accusa il Dalai Lama di puntare alla secessione del Tibet, una regione occupata militarmente nel 1950 che gode almeno formalmente di un regime di autonomia.

I giornali cinesi riportano oggi il comunicato dell’ agenzia Nuova Cina che ha annunciato la decisione del governo di riprendere i colloqui col Dalai Lama, il leader tibetano esiliato da quasi 50 anni. In numerosi articoli e commenti i mezzi d’ informazione continuano però ad accusarlo di essere un «secessionista» e di non essere sincero nella sua ricerca dell’ autonomia per il Tibet. Il Quotidiano del Popolo, giornale del Partito Comunista Cinese (Pcc), scrive in un commento che «la cricca del Dalai (Lama) ha seriamente violato gli insegnamenti fondamentali del buddhismo, minando alla base il normale ordine del buddhismo tibetano e rovinando la sua reputazione». Il China Daily, diretto agli stranieri e all’ elite cinese, pubblica in prima pagina la notizia di Nuova Cina, ma all’ interno propone una lunga intervista con un anziano ex-soldato dell’ esercito tibetano che afferma di essere pentito di aver combattuto contro i cinesi che hanno portato nel Tibet «lo sviluppo economico».

Il Ta Kung Pao di Hong Kong, molto vicino al Pcc afferma che la decisione di riprendere i colloqui col leader tibetano è una dimostrazione della «flessibilità» del gruppo dirigente cinese e avverte che trovare un accordo non sarà facile, soprattutto per quanto riguarda le aree a popolazione tibetana delle province cinese del Qinghai, Gansu, Sichuan e Yunnan. Tutti i giornali danno risalto alle «positive reazioni» che si sono avute in Europa e negli Usa all’ annuncio, ieri, che Pechino è pronta riprendere i colloqui, interrotti da un anno.

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