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Un anno senza Draghi: bilancio del dopo, luci e ombre, fra Nato e Ucraina, flat tax e La Russa

Un anno senza Draghi: bilancio del dopo, luci e ombre, fra Nato e Ucraina, flat tax e La Russa

Cominciamo con il dire che se l’era cercata. Draghi tentando di farsi Re, con ambizione prometeica, è inciampato sulla soglia del Quirinale.

Intanto non ha calcolato che Mattarella da quasi un secolo è più americano di lui. Più di lui dal dopoguerra i Mattarella hanno dato alla causa atlantica, dopo lo sbarco alleato in Sicilia, che fu più strategico di quello di Anzio.

E l’America, come ha ben imparato la discepola Meloni, è la Big Sister italiana. Dopo il tentativo infruttifero, cosa estremamente negativa per un banchiere, era inevitabile il rebound sulla presidenza del Consiglio, persa un anno fa.

I congiurati, Salvini, Conte, Berlusconi, che nulla aveva da guadagnare dall’uscita di Mario Draghi, hanno consegnato lo scettro all’unica fuori dal campo dell’unità nazionale. Giorgia première dame d’Italia, madre della Nazione, regina di Draghi ormai deposti.

Non deposte invece sono le politiche draghiane, che sopravvivono dopo di lui, seppur edulcorate da stili e scompensi dell’inner circle meloniano. Una Santaché con Draghi non l’avremmo vista ministra, e se lo fosse stata sarebbe scomparsa nel giro di una mezza mattinata.

Idem un Del Mastro o un La Russa. Per Draghi la reputation, com’è d’uopo per il mondo dell’alta finanza, è tutto. Soprattutto per la credibilità internazionale, quella che ti fa stare in campo sui fondamentali del gioco globale.

Senza Draghi, il sacchiano del possesso palla, siamo tornati al gioco all’italiana, di rimessa e di interdizione, provinciale e piagnone sulle rate PNRR. Voi pensate che non pagassero a Draghi il PNRR? A lui no, ma a noi italiani confusi si.

Vivacchiamo su flat tax del regno dei sogni e spiagge fuori dalle regole UE, mentre a Roma un taxi non si trova nemmeno a strapagarlo. L’economia non è guidata perché Giorgetti è isolato, si è riusciti solo a fare le nomine nelle aziende di Stato, con il solito bilancino al ribasso. Solo una cosa è certa, siamo più Nato e Ucraini che nativi, alla faccia di identità e patria. Questo è il dopo Draghi che piaccia o meno.

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