Usa/ Il carisma di Bill Clinton: missione compiuta in Corea del Nord. Le due giornaliste americane, condannate a 12 anni di lavori forzati, tornano a casa con lui

Pubblicato il 5 Agosto 2009 - 01:00 OLTRE 6 MESI FA

C’è voluto tutto il carisma di Bill Clinton, l’ex presidente che, dopo la candidatura della moglie Hillary alla Casa Bianca, sembrava destinato a recitare un ruolo da comprimario.

Niente di più falso: Clinton, in una manciata di ore, è arrivato in un paese “ostile” e ha incassato la promessa della liberazione delle due giornaliste americane incarcerate e condannate a 12 anni di lavori forzati. Senza, almeno apparentemente, offrire nulla in cambio oltre alla sua visita.

Clinton ha tirato fuori tutto il suo “savoir faire” per risolvere una delle situazioni diplomatiche più spinose per l’amministrazione Obama.

Gli è bastata una giornata: l’ex presidente è arrivato a Pyongyang alle 6 del mattino (ora italiana) ed è ripartito alle 23. In quell’intervallo di tempo ha visto il leader nord coreano Kim Jong Il, ha ottenuto il permesso di visitare le due giornaliste e ha strappato la promessa della loro liberazione. Poi le ha aspettate all’aeroporto e si è diretto verso casa con le giornaliste a bordo.

E, cosa ancora più importante, probabilmente ha gettato il ponte per la ripresa del dialogo tra Stati Uniti e Corea del Nord. Quando l’ex presidente era ancora nel paese asiatico, un comunicato dell’agenzia ufficiale nordcoreana Knca, ha fatto capire che la missione era compiuta: «Kim Jong Il ha rilasciato un perdono speciale per le due giornaliste americane condannate ai lavorio forzati in base all’articolo 103 della Costituzione socialista e ne ha ordinato il rilascio».

Laura Ling, 32 anni, e Euna Lee, 36, erano state arrestate alla frontiera con la Cina lo scorso 17 marzo mentre lavoravano per la televisione di Al Gore Current Tv. L’8 giugno, dopo l’accusa di “ingresso clandestino e atti ostili” era arrivata la condanna a 12 anni di lavori forzati.

Intanto, sui contenuti della missione di Clinton è giallo. Secondo alcune fonti, l’ex presidente avrebbe portato al leader nordcoreano un messaggio verbale da parte di Barack Obama. Circostanza smentita dalla Casa Bianca.

Non è neppure chiaro l’argomento dei colloqui: La Casa Bianca, infatti,  avrebbe avallato la missione auspicandone il successo ma sottolineandone il carattere «puramente personale».

Allo stesso modo  funzionari dell’amministrazione hanno escluso che l’ex presidente abbia affrontato con Kim il dossier nucleare. Di certo, Hillary Clinton stava cercando un modo per riannodare il dialogo con Pyongyang da diverse settimane.

Rimane il fatto che, dopo l’escalation di tensione seguito ai test nucleari nordcoreani, la tensione tra i due paesi è andata lentamente scendendo.

Alla Corea del Nord è bastato ottenere visibilità internazionale e la presenza di una “star” come Clinton per allentare la stretta sulle giornaliste.

In Usa, però, c’è anche chi protesta. I repubblicani, soprattutto. Perchè la scelta dell’amministrazione Obama è l’ennesima prova di assoluta discontinuità rispetto alle scelte di politica estera di George W. Bush.

L’ex ambasciatore all’Onu John Bolton, un “falco”, ha parlato di
«incoraggiamento» a Pyongyang per la sua «cattiva condotta» e di un «negoziato con terroristi per lo scambio di ostaggi». Linea difficile da sostenere, almeno in assenza di una palese merce di scambio per la liberazione delle giornaliste.