Viterbo: madre e figlia scomparse, ergastolo per coppia di amanti

VITERBO 13 MAG La Corte d'Assise – VITERBO, 13 MAG – La Corte d'Assise di Viterbo ha condannato all'ergastolo Paolo Esposito, 45 anni, elettricista, e la sua amante Ala Ceoban, 26 anni, moldava, accusati di duplice omicidio aggravato e di occultamento di cadaveri. Secondo i giudici sono stati loro ad uccidere Tatiana Ceoban, 36 anni, e la figlia Elena di 13, scomparse da Gradoli il 30 maggio del 2009, e a far sparire i loro cadaveri che, nonostante le ricerche, non sono stati mai trovati. Esposito era il convivente di Tatiana, con la quale aveva avuto una figlia, Erika, oggi di 7 anni, mentre Elena era nata da un precedente matrimonio della donna con un suo connazionale. Ala, invece, era la sorella, quindi zia ragazza. Esposito e' stato condannato anche a un anno di reclusione per il possesso del materiale pedopornografico trovato nel suo computer durante le indagini, tra cui alcuni filmati autoprodotti che lo riprendono mentre fa sesso con la sua amante. Infine, la Corte d'Assise gli ha revocato la patria potesta' sulla figlia Erika, da tempo assegnata a una famiglia residente a Bologna. I giudici hanno cosi' accolto integralmente le richieste del Pm Renzo Petroselli, secondo il quale Esposito e Ala, hanno commesso il duplice omicidio per non avere piu' intralci alla loro relazione, definita durante la requisitoria ''malata e ossessionata dal sesso''. Un movente contestato dai difensori degli indagati, i quali hanno sostenuto che Tatiana e Ala si sarebbero allontanante volontariamente dall'Italia, probabilmente per fare ritorno in Moldavia. A loro avviso, inoltre, l'imputazione di duplice omicidio, senza il ritrovamento dei cadaveri, sarebbe del tutto infondata. Alla lettura della sentenza che condanna Ala e il suo amante ha assistito terrea Elena Nekifor, madre delle due donne e nonna di Elena. Tra le lacrime ha ricordato che un altro suo figlio, alcuni anni fa, fu assassinato da una mano rimasta ignota in un bosco in Kazakistan. L'anziana donna si e' costituita parte civile contro gli imputati, ma all'inizio del processo aveva detto che sarebbe stata disposta a ritirarla qualora Ala si fosse pentita e avesse svelato il luogo in cui sono nascosti i cadaveri di Tatiana ed Elena. Da parte della figlia non e' pero' arrivata alcuna risposta. Ora tentera' di ottenere l'affidamento la nipote Erika. Il suo avvocato Luigi Sini potrebbe depositare la domanda al tribunale dei minori gia' nei prossimi giorni. Uno degli avvocati di Esposito, Enrico Valentini, si e' detto ''allibito'' per il verdetto. ''Se avessero trovato i corpi delle presunte vittime – ha aggiunto – cosa avrebbero fatto? Li avrebbero fucilati?''. L'altro difensore dell'uomo, Mario Rosati, invece, si e' detto certo che ''in appello il castello accusatorio, solo indiziario, crollera'''. Il legale ha parlato anche della reazione del suo assistito: ''Paolo e' molto provato – ha detto – e alla lettura della sentenza e' scoppiato in lacrime, soprattutto perche' adesso non potra' vedere piu' la figlia Erika''. Il difensore di Ala Pierfrancesco Bruno ha sostenuto che ''paradossalmente il verdetto cosi' pesante, ci apre una serie di possibilita' in piu' per l'appello. La Corte d'Assise, infatti, avendo accolto in pieno la tesi accusatoria, ci dara' l'occasione di trovare qualche punto debole che potremo utilizzare in nostro favore''. Laconico il commento del Pm Renzo Petroselli: ''Perche' la sentenza sia quale la societa' l'attende: affermazione di verita' e giustizia. E oggi mi sembra che giustizia sia stata fatta'', ha detto citando un brano del giuramento dei giudici popolari. Soddisfatti per il verdetto anche i legali di parte civile Claudia Polacchi e Luigi Sini. ''Abbiamo creduto fin dal primo momento che ci fossero gli elementi per una condanna – hanno dichiarato -, un primo passo e' stato fatto, anche se minuscolo in confronto alla tragedia di Elena e Tatiana''.

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