Zelensky e Netanyau, due uomini soli al comando. Il presidente della Ucraina è nel turbine delle elezioni di marzo (congelate) ma il rischio di un ribaltone è reale.
Il premier israeliano è sotto processo e contestato. Entrambi sono alle prese (anche) con lotte interne. Ogni giorno un guaio. Ma anche la forza, per ora, di reagire. Fino a quando?
ZELENSKY, LOTTE DI POTERE VERSO IL VOTO
Il presidente “attore” guida l’Ucraina dal 20 maggio 2019. Russofono di origini ebraiche, durante il conflitto ha guadagnato ampi consensi ma anche critiche sia in patria che all’estero emergendo come figura simbolo della resistenza ucraina.
Ma il feeling con il Paese non è più quello di prima. Zelensky , 43 anni , è impegnato in una lotta di potere dai contorni oscuri. Ha 2 potenziali avversari alle presidenziali e il voto, teoricamente, dovrebbe tenersi a marzo.
Ma è anche vero che un accordo tra i gruppi politici del Parlamento ucraino ha deciso di posticiparlo “ fino alla fine della legge marziale “.
Il Presidente ucraino è soprattutto impegnato con un vero braccio di ferro con il capo di Stato Maggiore Valery Zaluzhnyi, popolarissimo tra la gente. Il recente viaggio a Washington gli ha procurato gli aiuti che desiderava incontrando i produttori di armi. Poi è stato ricevuto da Biden a cui ha detto: ”Il ritardo degli aiuti USA fa il gioco di Putin”.
E poi: ”Quando il mondo libero esita, le dittature festeggiano“.
Zelensky non si è dato per vinto e ha parlato di fronte al Congresso Statunitense. L’atmosfera è cambiata a causa dell’irrigidimento dei trumpiani che bloccano gli aiuti in un anticipo dell’ isolazionismo che potrebbe tornare, anche quello, alla Casa Bianca, ma a gennaio 2025. Per questo quella di Zelensky negli Stati Uniti suona come una ultima chiamata al più importante dei suoi alleati.
NETANYAU, SOTTO PROCESSO E CONTESTATO
Bibi, in sella di fatto dal 1996, 74 anni, è accusato di corruzione e frode. Le udienze sono riprese dopo 2 mesi, pausa dovuta alla guerra contro Hamas.
Il premier è al suo sesto mandato di Governo ma vede sgretolarsi il suo consenso. A lasciarlo solo sono soprattutto molti dei suoi. Un sondaggio recentissimo di Maariv (1 dicembre) vede precipitare il suo partito dai 32 ai 20 seggi e la coalizione che lo sorregge scendere dai 64 seggi attuali a 43, quando la maggioranza che serve e’ di 60 e il centrista Benny Galtz, da solo, sale a 40 seggi.
Il tasso di approvazione di Bibi è attualmente del 42%. Poco. La pressione su di lui è forte anche dalle famiglie degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas. Anche il presidente Joe Biden, durante un ricevimento alla Casa Bianca per il festival ebraico, nel ricordare la sua amicizia decennale con Netanyau, non è stato tenero.
Ha detto: ”Bibi, ti amo, ma non sono d’accordo con nulla di ciò che hai detto“ ricevendo applausi da un pubblico prevalentemente ebraico. Il processo in corso continuerà e l’opinione pubblica sostiene che tale processo sarà comunque ininfluente sul destino politico di Netanyau che verrà affondato dal 7 ottobre e dalla questione ostaggi non da una soluzione giudiziaria. La sua sorte è segnata.