Zero Iva su pane e latte, lo leggi su una home page o su un quotidiano, lo senti alla radio in una rassegna stampa, la tv te lo ha detto la sera prima, c’è già qualche commento più o meno acido sui social e sono le otto, nove, dieci del mattino, non di più. Poi lo vai a comprare davvero pane e latte e l’Iva è quella di ieri, quella di sempre. E tale resterà anche domani e dopodomani. Perché la notizia zero Iva su pane e latte è già scaduta alla data di confezione, chi l’ha confezionata si è dimenticato di immettere il conservante della realtà effettiva.
Dall’Iva zero all’Irpef
Non solo l’Iva che a zero su pane e latte è solo nel mondo immaginario e autoreferente della informazione (?). Leggi, senti e vede in tv di tassa piatta (flat tax) anche per i lavoratori dipendenti e di aliquote Irpef che diventano tre. Visto che l’Irpef la paghi ti viene gran curiosità e interesse a sapere quali sono queste tre nuove aliquote. Niente, ciò che cerchi non c’è. In nessun luogo della comunicazione-informazione. Come non c’è quali aliquote? Non c’è quali aliquote perché anche qui la notizia è scaduta già alla data della confezione.
Infatti l’informazione dovrebbe dirti di una legge-delega per la riforma del fisco. E dovrebbe dirti per prima cosa che, approvata questa legge che ancora non c’è, delega vuol dire due anni (due anni!) di tempo al governo per, tra l’altro delineare quali tre nuove aliquote Irpef. Ma dire che l’Irpef magari cambia tra almeno due anni annoia e allora l’informazione (?) dice: Irpef tre aliquote. E, già che c’è, informa (?) su flat tax per i lavoratori dipendenti. Che sarà, se sarà, tra cinque anni.
Deontologia alla rovescia
E’ un viziaccio pigro e insieme ottuso quello della notizia già scaduta alla data della confezione e quindi avariata fin dal principio. Un viziaccio incorreggibile anche e soprattutto perché nessuno o quasi degli operatori del settore e addetti ai lavoro sente la necessità di correggerlo. E alla lunga, non sentono la necessità, si atrofizza e quindi svanisce la capacità stessa di correggerlo. Un vizio alimentato dalla pigrizia, intellettiva quanto operativa. E nutrito da una routine che premia il tenere l’asticella della prestazione professionale il più basso possibile, in modo che sia uniforme sia il livello che il prodotto. Alla lunga l’asticella tenuta bassa produce, induce ottusità. E il viziaccio diventa ottuso oltre che pigro. A questo punto però è così diffuso e radicato da essersi meritato una sorta di devozione impiegatizia, del tipo si fa così perché…perché tutti fanno così, si è sempre fatto così, non mi compete (conviene) fare altrimenti e comunque chi me lo fa fare..? E la notizia(?) già scaduta alla data di confezione-pubblicazione diviene, è divenuta deontologia professionale…alla rovescia.