Aambiente. Giappone cede a Corte dell’Aja e taglia la caccia alle balene

Caccia alle balene
Caccia alle balene

GIAPPONE, TOKYO – Il Giappone cede sulla caccia alle balene e taglia di due terzi gli obiettivi di cattura nelle acque dell’Antartide, da 935 a 333 balenottere minori, puntando a dimostrare che il suo programma ha scopi soltanto scientifici.

Secondo Joji Morishita, a capo della delegazione nipponica in seno alla Commissione baleniera internazionale (Iwc), anche i Paesi più ostili, con i nuovi propositi, dovrebbero ammettere che Tokyo sta replicando adeguatamente al blocco delle attività imposto al Giappone a fine marzo dalla Corte internazionale di giustizia dell’Aja, per il carattere “commerciale” della pesca.

“Ci auguriamo che il nostro programma di ricerca possa alla fine risultare un messaggio chiaro perchè abbiamo accettato di seguire nel nuovo programma la decisione della Corte”, ha detto Morishita, incontrando a Tokyo la stampa estera.

*”Se la stessa Commissione vuole sopravvivere come organo internazionale, deve adottare nuovi parametri: i principi di tutto bianco o nero, la tolleranza zero, dovrebbero essere abbandonati”, ha aggiunto. La caccia per motivi scientifici è possibile come deroga alla moratoria del 1986 e, per il Giappone, i livelli aggiornati sono valutati necessari per raccogliere dati sull’età dei cetacei, al servizio della loro stessa conservazione.

Nella stagione 2013-14, la flotta nipponica ha catturato 251 balenottere minori in Antartide e 103 l’anno precedente, molto al di sotto degli obiettivi, a causa della strenua opposizione degli ambientalisti di Sea Shepherd, tanto efficace da spingere anche alla chiusura anticipata della caccia.

Tokyo, allo stesso tempo, ha proceduto alla cattura di 132 cetacei lungo le proprie coste, nel Pacifico nordoccidentale, dove la sentenza della Corte dell’Onu non trova applicazione. Il nuovo piano, che sarà discusso in un comitato scientifico della Commissione a maggio 2015, esclude l’utilizzo di “campioni letali di balenottere e megattere”, oltre a stabilire un periodo di ricerca di 12 anni.

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