Acqua, la denuncia di Legambiente: “Canoni di concessione diversi in ogni Regione”

Nel settore delle acque minerali regna il caos: questo il verdetto di Legambiente e della rivista Altraeconomia, che in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua hanno presentato il dossier “Il far west dei canoni di concessione sulle acque minerali”. Secondo quanto emerge dal dossier, i canoni di concessione pagati dalle società imbottigliatrici non solo sono diversi da regione a regione, ma nella maggioranza dei casi sono più bassi di quanto prevede la normativa nazionale, facendo mancare risorse aggiuntive agli enti locali “sempre più in difficoltà economica”.

Due sole regioni, Veneto e Lazio, promosse a pieni voti per aver introdotto i canoni più alti, sette regioni e la provincia autonoma di Trento promosse con riserva, quattro regioni rimandate e 6 regioni e la provincia autonoma di Bolzano bocciate L’associazione sottolinea che è ancora un obiettivo lontano l’adeguamento delle leggi regionali sui canoni alle linee guida nazionali nel 2006 e che prevedono tre tariffe: da 1 a 2,5 euro per metro cubo o frazione di acqua imbottigliata; da 0,5 a 2 euro per metro cubo o frazione di acqua utilizzata o emunta; almeno 30 euro per ettaro o frazione di superficie concessa.

In particolare Veneto e Lazio sono state promosse a pieni voti per aver previsto i canoni più alti, rispettivamente 3 euro a metro cubo di acqua e fino a 587 euro per ettaro, e 2 euro e fino a 120 euro. Promosse con riserva per aver previsto il doppio canone sulla superficie della concessione e sui volumi di acqua Valle d’Aosta, Marche, provincia autonoma di Trento, Sicilia, Umbria, Friuli Venezia Giulia. In questa categoria anche Toscana e Abruzzo, che fanno pagare solo per i metri cubi emunti. Rimandate, con canoni al di sotto di 1 euro per metro cubo imbottigliato, Piemonte, Lombardia, Basilicata e Campania.

Bocciate, invece, perché fanno pagare solo in base alla superficie della concessione, Liguria (5 euro per ettaro, è il canone più basso d’Italia), Calabria, Molise, Emilia Romagna, Sardegna e Puglia, oltre alla provincia autonoma di Bolzano. In Italia nel 2008 – ricorda Legambiente – “sono stati imbottigliati 12,5 miliardi di litri di acqua, per un consumo pro capite di 194 litri, più del doppio della media europea e americana. Acqua di sorgente prelevata da 189 fonti da cui attingono 321 aziende imbottigliatrici che pagano spesso cifre irrisorie per realizzare poi enormi profitti, come dimostra il giro di affari di 2,3 miliardi di euro raggiunto nel 2008”.

Secondo l’associazione, il ‘business dell’oro blu in bottiglià continua ad essere insostenibile dal punto di vista economico e ambientale. “Le Regioni – aggiunge – incassano dalle aziende cifre irrisorie e insufficienti a ricoprire anche solo le spese sostenute per la gestione amministrativa delle concessioni o per i controlli, senza considerare le spese di smaltimento del 65% delle bottiglie in plastica che sfuggono al riciclaggio”. Legambiente ricorda che l’imbottigliamento di 12,5 miliardi di litri di acqua comporta l’uso di 365 mila tonnellate di Pet, un consumo di 693 mila tonnellate di petrolio e l’emissione di 950 mila tonnellate di CO2, senza contare l’inquinamento da trasporto (per l’82% su tir).

“Anche aumentando a 2,5 euro il canone per metro cubo di acqua – ha dichiarato Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente – le aziende imbottigliatrici non subirebbero nessun salasso, considerando che la spesa totale annua ammonterebbe a circa 31 milioni di euro, mentre le casse regionali ne trarrebbero sicuramente giovamento”. Legambiente e Altreconomia chiedono quindi a tutte le Regioni inadempienti di adeguarsi ai canoni previsti dalle linee guida nazionali.

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