ROMA – Il fenomeno atmosferico alla base di El Nino e' indipendente dalle dinamiche che regolano la vita degli oceani. Lo afferma un nuovo studio svolto dai ricercatori del Rosenstiel School of Marine and Atmospheric Science dell' Universita' di Miami, che potrebbe cambiare in profondita' le modalita' di analisi e previsione dei fondamentali e spesso devastanti eventi climatici in tutto il mondo.
Gli studiosi di Miami hanno concentrato la loro attenzione della cosiddetta Oscillazione Meridionale, la variabile atmosferica scoperta dal fisico britannico Gilbert Walker all' inizio del secolo scorso quando cercava di identificare le cause della variazione dei monsoni.
Come riferito dal Journal of Climate, la connessione tra tale oscillazione e le correnti oceaniche non e' fondamentale per determinare eventi di grande impatto ambientale. L'oscillazione gioca infatti, secondo il team di ricerca, un ruolo molto piu' importante di quanto finora si pensasse: ''Non e' necessaria una dinamica di coppia tra oceani e atmosfera per riprodurre delle conseguenze sul clima globale''.
Finora il fenomeno climatico veniva definito un sistema fluttuante d'interazioni dirette fra oceano e atmosfera che provocavano un innalzamento (o abbassamento) delle temperatura media superficiale dell'oceano di almeno 0.5 gradi per periodi di tempo non inferiore ai cinque mesi. Questo riscaldamento superficiale poi modifica la circolazione equatoriale dei venti e la distribuzione delle precipitazioni.
La scoperta dell'indipendenza tra i due fenomeni e' avvenuta comparando i risultati di due differenti modelli climatici: uno nel quale vengono considerate le correnti marine, l'altro senza.
Nonostante il cambio di scenario ''statico'' o ''dinamico'', l'esperimento ha dimostrato che la pressione atmosferica, la temperatura superficiale e le precipitazioni rimangono le stesse. Un risultato che, secondo gli studiosi, dimostra la presenza in entrambi i casi dell'oscillazione meridionale, anche quando l'oceano non mostra cambiamenti.
Il punto di arrivo dello studio americano puo' aiutare gli scienziati a comprendere meglio e prevedere gli effetti regionali e globali dei cambiamenti climatici nel Pacifico.
''Cambia la versione da manuale di uno degli aspetti fondamentali della circolazione atmosferica – ha commentato Amy Clement, autore principale dell'analisi – questo nuovo sviluppo puo' contribuire nei modelli climatici a spiegare i legami tra fenomeni in regioni lontane, come per esempio le precipitazioni e la siccita' in Australia e negli Stati Uniti''.