AUSTRALIA, SYDNEY – La soluzione per salvare le barriere coralline è aumentare il numero di pesci. Lo sostiene uno studio condotto da ricercatori australiani e pubblicato su Nature, che sottolinea come nelle barriere danneggiate dalla pesca eccessiva, il ripristino delle popolazioni ittiche può ristabilire le funzioni ecologiche essenziali.
Gli studiosi hanno valutato oltre 800 barriere coralline in tutto il mondo, analizzando la biomassa (ossia il peso complessivo) dei pesci presenti. E hanno indicato in 500 kg per ettaro la soglia minima da assicurare: le barriere che si sono attestate su questo valore sono state in grado di mantenere le loro funzioni ecologiche, pur dando un contributo alla pesca.
Per gli studiosi questo livello assicura la presenza di pesci con funzioni importanti per i coralli. Nelle barriere dove non viene praticata la pesca la biomassa ittica per ettaro è di circa 1.000 kg, mentre in quelle sull’orlo del collasso crolla a 100 kg per ettaro. Secondo la ricerca, l’83% delle barriere studiate non raggiunge la soglia dei 500 kg.
Gli studiosi invitano chi gestisce la pesca a rispettare questo valore, in modo da proteggere le barriere coralline dalla sovrapesca, e renderla più resiliente anche ad altre minacce. Gli scienziati sono stati in grado di indicare anche quali specie reintrodurre per migliorare la salute del barriere: tra queste il pesce pappagallo, il pesce coniglio, il pesce chirurgo e altri pesci che mangiano il plancton, come le caesionidaee e di fare una stima dei tempi di recupero: 35 anni per barriere moderatamente danneggiate, e fino a 59 per quelle più impoverite.