Marea nera, la Bp paga e ripara

L’amministratore delegato della British Petroleum (Bp), Tony Hayward, ha dichiarato che la compagnia è “assolutamente responsabile” per la ripulitura del disastro della marea nera nel Golfo del Messico, e si impegna ufficialmente a pagare “tutti i costi necessari e adeguati per la ripulitura” della marea nera creata dalla fuoriuscita sottomarina di petrolio dalla sua piattaforma affondata nel Golfo del Messico.

Hayward ha poi  dichiarato che la compagnia “si sta preparando al peggiore scenario possibile”, e cioè che possano essere necessari anche due o tre mesi per riuscire a bloccare la fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico.

“La Bp – si legge in una nota ufficiale diffusa da Londra – si assume la responsabilità della risposta alla marea nera. Noi la ripuliremo”. La compagnia petrolifera si impegna inoltre a “pagare tutte le richieste di indennizzo legittime e oggettivamente verificabili per le perdite e i danni legati alla marea nera”, facendo riferimento ai danni ai beni, alle persone e le perdite commerciali”.

La compagnia petrolifera britannica oggi tenterà di tappare con una valvola una delle tre falle apertesi sul fondo del Golfo del Messico, dove l’affondamento di una sua piattaforma petrolifera sta causando un versamento che promette di essere la più grave catastrofe ecologica della storia.

Il colosso petrolifero si è inoltre ufficialmente impegnato a pagare “tutti i costi necessari e adeguati per la ripulitura” della marea nera e a risarcire “tutte le domande di indennizzo legittime e oggettivamente verificabili per le perdite e i danni legati” al disastro. La compagnia britannica, proprietaria della piattaforma Deepwater Horizon, aveva già espresso lo stesso concetto nei giorni scorsi tramite un portavoce, secondo il quale “il conto (del disastro) sarà nostro”.

La BP spera di riuscire ad installare oggi una valvola che chiuda una delle tre falle sotto la piattaforma affondata nel Golfo del Messico, per ridurre la fuoriuscita di petrolio che minaccia le coste meridionali degli Stati Uniti. Lo ha spiegato al New York Times il coordinatore degli interventi per conto della compagnia, Bob Fryar.

Entro sei giorni la BP conta di calare sopra la perdita una cupola di cemento con un una tubazione in cima e pompare in superficie il greggio che esce. La terza falla si trova alla base del tubo, vicino alla bocca del pozzo.

I tecnici pensano di calare un’altra cupola di contenimento sopra questa perdita, dai due ai quattro giorni dopo aver calato la prima. Sul fondale alla bocca del pozzo si trova una gran quantità di impianti (valvole, leve, serbatoi, incastellature, tubazioni) che avrebbero dovuto bloccare il flusso in caso di incidente e che non hanno funzionato. “Il dispositivo anti-perdite ha un sacco di sistemi di emergenza, ci sono molte opzioni per chiudere – ha detto Fryar -. Nessuna di queste ha funzionato”.

Per eliminare definitivamente la fuoriuscita, la BP ha progettato di tagliare il tubo spezzato alla base e piazzare una valvola sopra il foro. La manovra dovrebbe essere eseguita da robot collegati con le navi appoggio in superficie ed è estremamente rischiosa. La pressione con la quale il petrolio esce è molto forte: tagliando il tubo, il flusso di greggio potrebbe aumentare di molto. A breve sul pozzo sarà installato un misuratore di pressione che dirà se l’operazione è possibile.

La BP conta anche di scavare nuovi pozzi sul fondale per iniettare liquido pesante nella cavità del giacimento per bloccare la fuoriuscita. Lo scavo del primo di questi pozzi comincerà “appena il tempo lo permetterà”, ha detto Fryar. Il secondo comincerà nel giro di due settimane. L’operazione richiederà comunque mesi. Per il secondo giorno viene gettato un solvente chimico sul petrolio appena esce dalla perdita principale. Il solvente (di solito usato sulla superficie) spezza il greggio in piccole gocce e favorisce la sua caduta sul fondo.

La BP spera di riuscire a iniettare il solvente direttamente nel tubo spezzato, per farlo mescolare meglio col petrolio. Ieri il maltempo ha impedito tuttavia agli aerei di gettare questa sostanza sulla chiazza in superficie. “Pensiamo che questo solvente sia molto efficace – ha detto Fryar -. Speriamo che il greggio non raggiunga la superficie”. L’impatto sull’ambiente dei prodotti chimici usati per la bonifica tuttavia non è noto.

Intanto dall”Iran giunge un’ inattesa offerta d’aiuto agli Stati Uniti. Teheran vorrebbe inviare i suoi tecnici per tentare di fermare la perdita di greggio nel Golfo del Messico: “I nostri specialisti di trivellazioni petrolifere”, ha dichiarato Haidar Bahmani, direttore della National Iranian Drilling Company, “possono intervenire per contenere la perdita e prevenire un disastro ecologico in quella regione” .

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