ROMA – Le ciliege arrivano dal Cile, le noci dalla California e i fagiolini dall’Egitto. Frutta e verdura disponibile durante tutto l’anno sulle nostre tavole, ma che paghiamo a caro prezzo. Non solo in euro però, ma in inquinamento dell’ambiente in cui viviamo. Perché per percorrere i 12mila chilometri che separano il Cile dall’Italia, le ciliege consumano 6,93 chili di petrolio con emissioni di anidride carbonica e inquinanti per 21,55 chilogrammi.
Laura Montanari su Repubblica riporta i numeri lanciati in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente del 4 giugno dalla Coldiretti, che ha stilato la “top 10” dei cibi viaggiatori e più inquinanti:
“«Il prezzo che paghiamo non è quello scritto sul cartellino che troviamo sul banco del supermercato, ma molto più alto, per l’ambiente» racconta un agricoltore. Gli esempi. In cima alla classifica del prodotti viaggiatori, le ciliegie del Cile, costrette a volare per quasi 12mila chilometri, con un consumo di 6,93 chili di petrolio ed emissioni di CO2 pari a 21,55 chilogrammi. Appena sotto, i mirtilli dall’Argentina che hanno percorso 11 mila chilometri consumando 6,4 chili di petrolio e producendone 20 di CO2. Al terzo posto gli asparagi del Perù, poi le noci della California, le more del Messico, l’anguria del Brasile tutti intorno ai 10mila chilometri di percorrenza sulle rotte aeree”.
Nella top 10 non solo cibi, ma anche un fiore:
“le rose dell’Ecuador che Coldiretti inserisce nei prodotti a rischio non soltanto per una questione di fusi orari e di distanze geografiche, ma per «le condizioni di sfruttamento del lavoro, le condizioni di pericolo per la salute » a causa dell’uso massiccio «dei prodotti chimici con cui sono stati trattati e la mancanza di tutele sindacali»”.
Per limitare l’inquinamento, spiegano i coltivatori italiani, sarebbe meglio scegliere prodotti locali:
«consumando prodotti locali, di stagione e a km 0, facendo attenzione agli imballaggi, una famiglia può arrivare ad abbattere fino a mille chili di anidride carbonica l’anno».
La ricerca, riporta la Montanari, spiega:
“«Si calcola che ogni pasto percorre un po’ meno di duemila chilometri prima di arrivare sulle tavole — si legge nella ricerca — e la distribuzione commerciale dei prodotti alimentari, coi lunghi trasporti e le inefficienze logistiche è tra i responsabili su scala globale dell’emissione di gas a effetto serra»”.