Cinzia Perrino (IIA): “Il fermo alle auto non serve, le misure dei sindaci sono inutili”

Smog, Ansa
(foto d’archivio Ansa)

ROMA – “Metti tanti fumatori in una stanza chiusa e chiedi ad un paio di smettere di fumare. Forse ci sarà un po’ meno fumo, ma finché non verrà aperta la finestra le cose cambieranno pochissimo”.

Cinzia Perrino, direttore dell’Istituto sull’Inquinamento atmosferico (IIA) del Cnr usa questo esempio per spiegare che le giornate di grande stop al traffico purtroppo “incidono poco” sulla qualità della nostra aria.

“Come tutte le misure emergenziali – spiega Cinzia Perrino a Repubblica – e questa è una di quelle, sono misure che lasciano un po’ il tempo che trovano. Sono 20-30 anni che ci rifugiamo in misure come queste e poco viene fatto per soluzioni che incidano in maniera sensata e a lungo termine. Quelle odierne hanno un piccolo effetto. Quanto? Il contributo diretto del traffico relativo alle polveri Pm10 è stimabile intorno al 25%. Vietando la circolazione ai diesel incidiamo dunque solo su quel  25% ma nel frattempo tanti altri veicoli continuano a circolare, più o meno la metà di quelli abituali. A questo punto, il blocco, si potrebbe dire che incide per poco più del 12%. Una percentuale piccola, davvero marginale”.

Se non sulle auto, su cosa dovremmo concentrarci allora?
“Un aspetto poco discusso, soprattutto d’inverno, è per esempio quello che negli ultimi anni c’è stato un aumento importante dell’uso di  legna e pellet per il riscaldamento, di termostufe, termocamini e caminetti, tutte strutture che emettono molte polveri, anche se sono impianti piccoli e domestici. Ce ne sono tantissimi e danno un contributo negativo alla qualità dell’aria importante. Andrebbero controllate, gestite: esistono ordinanze sulla regolazione dei gradi, ma per ora funzionano poco”. 

Quanto incide invece il cambiamento climatico sullo smog?
“E’ un discorso complesso. Ricordiamoci sempre che esistono città trafficate, come Roma, che però sono più fortunate tra regimi di brezza e condizioni atmosferiche spesso favorevoli e, al contrario, zone come il bacino padano  che risultano chiuse e dove tra polveri sottili ed emissioni agricolo-industriali la situazione è drammatica. I cambiamenti climatici, in entrambe le aree, porteranno eventi sempre più estremi, con incidenza diversa. Capire come questi ricadranno sulla qualità dell’aria è difficile ed oggetto di studio, anche perché molto dipenderà dalle precipitazioni”. 

Fonte: La Repubblica.

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