AUSTRALIA, ADELAIDE – La combinazione del riscaldamento e dell’acidificazione degli oceani sta riducendo la diversità delle specie marine, con preoccupanti prospettive per gli ecosistemi e per le risorse ittiche.
L’ennesimo segnale d’allarme viene da una nuova ricerca dell’Università di Adelaide, in Australia, che ha esaminato in particolare l’impatto del cambiamento climatico sugli ecosistemi marini e sulle loro specie nel prossimo futuro.
“La nostra analisi di larga scala suggerisce che molte specie mostreranno un calo di abbondanza oltre che di diversità”, scrive il responsabile della ricerca, il biologo marino Ivan Nagelkerken, sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences. Ha aggiunto di aver scoperto con sorpresa dalla modellazione che l’impatto dei fattori di stress di breve termine è molto simile a quello dei fattori di lungo termine.
“Non ci aspettavamo che gli studi di lungo termine mostrassero effetti altrettanto deleteri”, scrive. “Guardando ai singoli effetti di stress – solo il riscaldamento globale o solo l’acidificazione – per alcune specie non si vede alcun effetto e per altre specie un effetto negativo, ma quando si combinano i due fattori, di solito si vede un effetto più ampio”, aggiunge.
“Questo è comprensibile – spiega – perché molte specie possono resistere a un fattore di stress, ma è quando se ne aggiungono altri che le cose diventano difficili”. I ricercatori prevedono che l’acidificazione causerà un declino della produzione, da parte del plancton oceanico, di gas dimetil-solfuro, che ha funzione aggregante delle particelle di vapore acqueo nell’atmosfera, aiuta la formazione di nubi e la conseguente schermatura dell’atmosfera dalla radiazione solare entrante, ed è ritenuto per questo un limitante dell’effetto serra.
Nagelkerken spiega che la vita marina è stata già colpita negli anni recenti da acque inquinate, scarichi fognari e pesca eccessiva, e il cambiamento climatico peggiorerà le cose negli anni a venire.
“Abbiamo anche scoperto che è molto più probabile che gli animali più in alto nella catena alimentare, compresi i grandi predatori, saranno colpiti più duramente dal cambiamento climatico rispetto alle specie più in basso. Alcune specie potranno beneficiare, i produttori primari come il plancton e le alghe, ma non le specie di pesci più grandi. Si teme un collasso progressivo delle specie, dalla cima della catena alimentare verso il basso”, avverte.