ROMA – E’ iniziato da secoli lo spostamento verso nord del corso del Po. L’ 11 novembre 1570 la foce del fiume si spostò addirittura di 40 chilometri, raggiungendo i confini di Chioggia e del veneziano. Come ricorda il Giornale, un terremoto di magnitudo 5.4 sconvolse il ferrarese, causando un innalzamento dei 15 centimetri del livello del terreno. Così come nel 2012, quando tra il 20 e il 29 maggio in Emilia il suolo si è abbassato di un paio di centimetri vicino la zona di Finale Emilia.
I segni dei vecchi percorsi sono ancora ben visibili, come quelli evidenti del paleoalveo dei Barchessoni, a Mirandola, in provincia di Modena. Sorvolando quelle zone è possibile notare delle spianate più scure, il letto del vecchio fiume, affiancate da tratti più chiari, cioè i vecchi argini.
Gli studi che si sono spinti in epoche ben più remote, come l’ultimo periodo glaciale, il wurmiano fra 100mila e 10mila anni fa, dimostrano che il Po percorreva un tratto ben più lungo: da Piacenza verso Mirandola e Molinello, andando a sfociare vicino Cervia. I vari interventi dell’uomo hanno influenzato il corso del fiume, con la costruzione di argini più forti e più alti, anche di diversi metri.
E il futuro del Po è segnato da un incessante movimento verso il Settentrione. Un fenomeno legato alle diverse zone sismiche che attraversa il fiume, strette dall’innalzamento degli Appennini fino alla pressione che continua a esercitare la placca africana su quella europea. Un processo di “subduzione”, dicono gli esperti, che continua a far scivolare il Vecchio continente sotto quello africano.